mercoledì 12 agosto 2015

Lasciatemi gridare….. ci hai proprio deluso.



OCCASIONI PERDUTE / E Massimo Ranieri “rinnega” la sua napoletanità


Sono tanti gli articoli di Lucilla Parlato che ci piacciono. Su alcuni temi possiamo anche avere opinioni divergenti ma apprezziamo sempre la Sua acuta intelligenza (oltre alla coerenza e all'onestà intellettuale).
Tra i tanti articoli vorrei riproporre questo che parla del grande cantante/attore napoletano (napoletano? a questo punto non saprei).
Parafrasando il testo del brano di Cutugno di cui si parla nell'articolo potremmo dire: "LASCIATEMI GRIDARE, CON LA CHITARRA IN USO, CARO RANIERI (al secolo Giovanni Calone, non Giovanni Rossi o Brambilla) CI HAI PROPRIO DELUSO!!".
N.B.: tranne la foto di Giovanni Calone con la maschera di Pulcinella in mano (si starà chiedendo cosa sia?) che è presa dall'articolo originario, le altre immagini ed i link in fondo all'articolo sono stati aggiunti da me utilizzando foto di pubblico dominio reperite su internet.


Scatena le polemiche la replica di “Sogno e son desto 2”, con Massimo Ranieri, andato in onda sabato sera 8 agosto su Rai Uno, per giunta programma più visto della serata con 2.235.000 di telespettatori e uno share del 16,44%.
Una replica, è vero, eppure qualcosa ha colpito gli spettatori napoletani, che ci segnalano questa defaillance del grandissimo artista.
Ranieri racconta a un certo punto di Ellis Island, a New York, dove è stato in concerto l’anno scorso. Racconta, con scarsa cognizione di causa, una cosa vera e importante: che siamo stati tutti emigranti e che a Ellis lo si ricorda. “Il luogo dove attraccavano i bastimenti, l’isola della speranza e degli emigranti. Una cosa incredibile, io sono rimasto basito a scoprire quanti italiani sono emigrati nel 1800… siamo partiti tutti e non ce lo dobbiamo mai dimenticare”.


fila di immigranti
Ed in effetti non sbaglia: tra il 1860 e il 1885 sono state registrate più di 10 milioni di partenze dall’Italia. Nell’arco di poco più di un secolo un numero quasi equivalente all’ammontare della popolazione che vi era al momento dell’Unità d’Italia (23 milioni nel primo censimento italiano) si trasferì in quasi tutti gli Stati del mondo occidentale e in parte del Nord Africa. Ma la maggior parte dell’esodo, a parte gli ultimi dieci anni del 900 con Veneto, Friuli e Piemonte che fornirono da sole circa il 47 per cento dell’intero contingente migratorio, proveniva dal sud. Quasi tre milioni le persone emigrate soltanto da Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

Cioè l’emigrazione  a un certo punto è stata soprattutto meridionale ma di questo Ranieri non parla, forse perché non lo sa. Come non sa – perché se ne vuoi parlare approfondisci un attimo – che una volta che gli italiani arrivavano a Ellis venivano divisi grazie (si fa per dire) ai fondatori dell’Antropologia italiana, Cesare Lombroso, Giuseppe Sergi, Luigi Pigorini, Alfredo Niceforo (presidente della Società Italiana di Antropologia e della Società Italiana di Criminologia) e altri ‘padri della patria’, al loro arrivo a Ellis Island a seconda della provenienza:  i settentrionali venivano fatti sbarcare dal lato riservato ai “bianchi”, i meridionali da quello riservato ai “non-whites”.
gli immigranti vengono accuratamente "esaminati"
Divisione ufficialmente avallata dalla Commissione Dillingham del Senato degli Stati Uniti nel 1911. Ai siciliani poi, per via della più recente (medioevale) commistione con mori e saraceni, spettava nel profondo sud americano il soprannome di “white niggers” (negri color chiaro) oltre quello di “black dagos” (black = negro & dagos che secondo alcuni viene da dagger,  accoltellatore, ma che secondo altre fonti viene da uno storpiamento di diego e indica gli ispanici e i latini in generale) con conseguente apartheid economico, politico e sociale. La loro paga era inferiore a quella dei “neri” e insieme a loro spesso erano linciati per futili motivi: dal 1880 al 1930, secondo i dati ufficiali, il 90% di tutti i linciati “europei” negli USA erano immigrati meridionali, soprattutto siciliani. Questo tanto per ricordare che se eravamo tutti immigrati non eravamo trattati allo stesso modo a seconda della provenienza.
ed eccoli i protagonisti dell'articolo, Salvatore Cutugno in arte "Toto" e Giovanni Calone in arte "Massimo Ranieri"

Ma anche questo Ranieri evidentemente non lo sa e ridendo e pazziando su Ellis Island, anzi, introduce Toto Cutugno per cantare insieme “Sono un italiano”. Poi si prosegue con un bellissimo siparietto musicale, perché la voce di Massimo è sempre straordinaria. Peccato che però alla fine quando Toto Cutugno gli chiede di cantare Sono un italiano, sostituendo alla parola italiano la parola “napoletano”, Ranieri non lo faccia e appaia anzi infastidito. “Siamo italiani, no no no no…”. Minuto 48 e 28. Guardare per credere.
Ora nessuno vuole levare niente alla grandezza di Massimo Ranieri e già immaginiamo decine di suo difensori ergersi indignati contro di noi. Però come giustamente in molti notano nel consueto dibattito che si è scatenato sui social (a proposito, su una replica: il che dimostra che qualcosa sta cambiando nella percezione del pubblico napoletano) c’è chi fa notare che a chi da Napoli ha avuto tutto, a chi ha costruito la propria fortuna e la propria visibilità sulla napoletanità e sulla canzone napoletana, a chi con Napoli si è arricchito dovrebbero solo brillare gli occhi di gioia e riconoscenza e piegarsi le ginocchia in segno di riverenza quando si nomina la parola Napoli. Ma ‘o surdato ‘nnammurato forse è da troppo tempo lontano dal suo popolo ormai sempre più incazzato e preferisce non rivendicare la sua appartenenza con l’orgoglio che ci si aspetterebbe da lui, ex scugniziello di Santa Lucia. Un’occasione perduta, insomma. Che lascia un po’ d’amaro in bocca.

Lucilla Parlato






gr

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