martedì 29 marzo 2011

2 aprile, il prof. Tommaso Romano da Guida ex Libris, Capua, per la presentazione de "Dal Regno delle Due Sicilie al declino del Sud"


CAPUA - Segnaliamo la presentazione dei due testi del prof. Tommaso Romano: "Dal Regno delle Due Sicilie al declino del Sud" e "La real cittadella di Messina"; che sabato 2 aprile sarà a Capua, presso la libreria Guida ex Libris, cortile Palazzo Lanza, corso Gran Priorato di Malta, 25, Capua, ore 18.00. A presentare la serata sarà il Cav. Giovanni Salemi, presidente dell'Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie, l'autore risponderà alle domande del giornalista Roberto Della Rocca e a quelle del pubblico presente. Non mancate!

La cattiva maestra (inglese!)/ lettera di Erminio De Biase a Lucy Riall

Erminio De Biase

Lucy Riall

Segnaliamo una lettera del prof. Erminio De Biase, storico (autore de "L'Inghilterra contro il Regno delle Due Sicilie" e traduttore del diario di Zimmermann, "Memorie di un ex capo - brigante"), indirizzata alla storica britannica Lucy Riall recentemente apparsa durante l'orgia di eventi televisivi messi in campo dalla tv pubblica per celebrare i 150 dell'unificazione politica dell'Italia. Grazie alla sua preparazione De Biase smonta le ricostruzioni della Riall sull'epopea garibaldina, e racconta alcune parti di quella storia ancora troppo mitizzata.


"Esimia Professoressa,
    mi dice, per cortesia, come fa, in televisione, in così poco tempo che ha a disposizione, a dire tante sciocchezze sul cosiddetto risorgimento italiano? Mi spiega, sempre per cortesia, come fa ad avere la spudoratezza di affermare che l'economia meridionale ha tratto vantaggi dall'unificazione italiana? Lo sa che ci vuole una bella faccia tosta per affermare simili panzane? Ha citato come esempio Catania: bene, trovandosi in zona perché non ha nemmeno nominato Bronte dove, per difendere i propri interessi dai contadini illusi dalle promesse di Garibaldi, i suoi conterranei (ducea di Nelson) sollecitarono prontamente il biondo eroe dei due mondi, a provvedere con fucilazioni immediate? Ed il burattino in camicia rossa prontamente ubbidì. Perché non parla mai della spudorata protezione che la Mediterranean Fleet di S. M. britannica continuamente assicurò al nizzardo da Marsala e fino alla battaglia del Volturno? Forse perché, se lo facesse, dovrebbe poi spiegare che tutta l'epopea risorgimentale non fu altro che un'immensa cortina fumogena sollevata principalmente per nascondere un'iimmensa operazione voluta, garantita, protetta e, soprattutto, sovvenzionata dalla massoneria inglese per salvaguardare gli interessi commerciali britannici nel Mediterraneo e oltre?
    Ed inoltre, lei ha affermato che:
1) Mazzini contattò Garibaldi perché era venuto a conoscere le sue imprese in Sud-America: FALSO! Garibaldi, era già mazziniano quando scappò in Sud-America!
2) Lei ha paragonato Garibaldi a Che Guevara: FALSO! Garibaldi fu al servizio degli interessi dei liberalmassonici, il Che, al contrario, visse e morì per il popolo!
3) Garibaldi era anche un politico. FALSO! Non ha mai capito niente di politica!
4) L'Inghilterra aiutò il risorgimento solo per amore verso l'Italia: FALSO! La Gran Bretagnapensava solo ai propri interessi e, una nazione "amica", governata da confratelli massoni, avrebbe fatto il suo gioco!
5) Garibaldi nel 1860 era depresso perché era venuto a sapere che la fresca sposina era "innamorata" di un altro. FALSO! La sposina non era, poi, tanto fresca perché era incinta di una altro! Era altresì depresso perché Nizza era stata ceduta alla Francia: FALSO! Se così fosse stato, egli -da eroe impulsivo qual era- sarebbe corso a Nizza e non in Sicilia, come invece gli fu ordinato (cfr Laurence Oliphant)!
6) Leggendo la storia di Garibaldi, si è divertita: ma dove l'ha letta, su Topolino?
    Se, dunque, tutte queste cose, lei non le sa, le approfindisca, colmando così la sua ignoranza in materia, ma se, invece, le conosce bene e le tace per puro opportunismo, mi faccia allora la cortesia, prima parlare del mio Paese, di studiarsela bene la Storia, prima di inventarsela, così come si inventa i suoi eroi!
    La saluto cordialmente".

Erminio  de Biase

lunedì 28 marzo 2011

Civitella del Tronto, scriviamo tutti ai Salesiani!


CIVITELLA DEL TRONTO - Ottimamente scelta, come sempre d'altronde, l'immagine simbolo dell'incontro tradizionalista di Civitella che fa bella mostra sulla cartolina commemorativa preparata per l'occasione dagli organizzatori. Nell'occasione del XLI incontro si è scelto di celebrare la figura di S.A.R. Maria Immacolata di Borbone Parma, contessa di Bardi, nata principessa delle Due Sicilie. Figlia del grande Ferdinando II, la sua breve e travagliata vita, è stata segnata dalle tragedie familiari affrontate con una incrollabile fede. La perdita del padre, della madre, la fine del Regno, l'esilio e la vedovanza seguita poco dopo dalla morte. L'Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie sposa in pieno l'appello lanciato dallo storico Maurizio Di Giovine che ha ricordato, durante il convegno storico di sabato 26 marzo, come tutti i suoi averi fossero stati destinati alla realizzazione di una scuola gestita da religiosi a Caserta. Quello che è poi diventato il complesso scolastico dei Salesiani di Caserta, che tanto lustro da alla città per capacità formativa e qualità dei servizi offerti ai giovani casertani, fu proprio aperto grazie al contributo della Principessa. L'invito è quello di spedire la cartolina (o la copia che potete ottenere dall'immagine qui sopra inserita) al centro salesiano più vicino alla vostra residenza oppure, direttamente, ai Salesiani di Caserta, per tentare di convincere la direzione della scuola a titolare a Sua Altezza l'edificio scolastico. Facciamolo tutti!

Civitella del Tronto, conclusa la due giorni tradizionalista



CIVITELLA DEL TRONTO – Si è concluso domenica il XLI incontro tradizionalista della fedelissima città di Civitella del Tronto, un appuntamento che è ormai diventato occasione fissa di ritrovo per i tanti che, nonostante tutto e tutti, non si arrendono all’oblio e lottano per il recupero del proprio passato e della propria memoria. Una due giorni fatta soprattutto per chi ha la passione e il cuore meridionale, e per chi non si tira indietro dalla lotta, anche a costo di sacrifici. Civitella rappresenta tutto questo. Passeggiando per i suoi vicoli, quando ancora tutti dormono e le prime luci dell’alba illuminano le vicine montagne innevate, sembra di essere tornati indietro negli anni, ai giorni in cui non si era schiavi del tempo. I minuti non contano. Contano solo i tuoi sentimenti e quella forza, quell’attrazione verso un luogo pieno di significato. E’ durante quella passeggiata che capisci quanto abbia ragione Maurizio Di Giovine, uno dei principali artefici del successo della manifestazione tradizionalista, quando invita a comprendere il rispetto per quel luogo sacro. Consapevolezza che aumenta ad ogni passo mosso verso la vetta della fortezza.


Unione o Unità, questo il titolo del convegno con cui si è ufficialmente aperta la due giorni. Un convegno di altissimo livello che ha saputo cogliere gli aspetti più profondi e interessanti della questione meridionale che si trascina, oramai, da 150 anni. A dare il benvenuto agli oltre 50 partecipanti, giunti da tutto il Sud, il prof. Paolo Caucci Von Sauchen, presidente del comitato organizzatore cui è seguito il saluto del dott. Giuseppe Catenacci, presidente dell’associazione ex allievi Nunziatella che ha presentato il volume “La gloriosa fine di un Regno – gli ufficiali dell’Esercito Napolitano usciti dal Real Collegio Militare della Nunziatella alla difesa di Gaeta”, seconda edizione del testo presentato a Gaeta lo scorso mese, aggiornato con un comodo indice dei nomi e una preziosa bibliografia. A seguire gli interventi del prof. Giovanni Turco, docente di filosofia teoretica all’Università di Udine, del dott. Edoardo Vitale, magistrato e direttore dell’Alfiere, del prof. Miguel Ayuso, docente di Scienze politica all’Università Comillas di Madrid, del prof. Guido Vignelli, del ricercatore Fulvio D’Amore e del dott. Maurizio Di Giovine, storico.



La mattinata di domenica è cominciata con il raggruppamento dei convenuti alla porta Napoli e alla loro marcia all’interno di Civitella del Tronto dove si è giunti in Largo Rosati dove si erge il monumento funebre di Matteo Wade, soldato irlandese dell’esercito napoletano tra gli eroi che si distinsero nella tenuta del forte di Civitella in occasione dell’assedio del 1806 quando gli invasori erano i francesi guidati da Giuseppe Bonaparte. Il monumento funebre, complesso marmoreo che richiama lo stile neoclassico che fu del Canova (con i richiami alla classicità greca e romana con ispirazione orientale), è stato spostato all’interno del borgo solo nel 1861 quando, i piemontesi, ultimi invasori del Sud, decisero di radere al suolo (e in parte vi riuscirono) la fortezza appena espugnata proprio per cancellare le tracce di un glorioso passato. Wade resta ancora oggi il simbolo di quei tanti che non si arrendono e che hanno reso omaggio, sulla sua tomba, a tutti quelli che come Wade, non vollero “adeguarsi” in silenzio al nuovo corso delle cose, non abbandonarono la tradizione per la moderna schiavitù che veniva loro offerta dai rivoluzionari di professione, non tradirono il loro giuramento per mettersi al seguito di un occasionale invasore, non rinunciarono alla vera fede per servire il Dio denaro. Quelli sono i punti di riferimento a cui ci si deve ispirare nella quotidiana battaglia contro i prevaricatori, i saltimbanchi e gli opportunisti che minano il recupero autentico della nostra memoria.


L’arrivo in cima alla Fortezza di Civitella del Tronto è emozionante nonostante l’incuria in cui è precipitata a causa della cattiva gestione delle amministrazioni locali che la lasciano agonizzare tra cantieri infiniti e incuria nelle strutture tecniche che dovrebbero facilitare l’ascesa. L’impatto è impressionante perché passo dopo passo ci si rende conto di due cose. Innanzitutto della maestosità della struttura, immensa e che, soprattutto, sta a testimoniare enormi capacità nel settore dell’architettura militare. Tre diversi livelli per rendere impossibile un assalto diretto, se non a costi elevatissimi di vite umane, mura molto spesse per tentare di resistere il più possibile ai colpi dei cannoni. Una fortezza imprendibile che ha cessato di essere tale quando lo sviluppo della moderna artiglieria ha reso inutile la tecnica del vecchio e “classico” assedio medievale. Appena entrati si accede alla prima “piazza” quella del Cavaliere dove, fino al 1861, era collocato il monumento a Matteo Wade. Seguendo il secondo camminamento si giunge alla Piazza d’Armi dove ogni giorno si svolgeva la cerimonia dell’alzabandiera. Infine la Grande Piazza, punto più alto della fortezza di Civitella, dove sorgono il palazzo del Governatore (pochi resti, in realtà) e la chiesa di San Giacomo. Dal terzo livello si raggiungeva il bastione di San Giacomo che, assieme ai bastioni Sant’Andrea e San Pietro sul lato est della roccaforte, costituivano i principali spalti difensivi durante gli assedi che hanno visto Civitella protagonista. Giunti sulla piazza d’armi principale, mentre si attende l’alzabandiera, non si può non pensare alla grande valenza di una fortezza come Civitella semplicemente guardando il bellissimo panorama. Civitella è realmente il confine del Regno del Sud. Una vecchia guardia che, da un lato, copre la strada che passa tra alti e innevati monti della Laga e, dall’altro lato, sorvegliava la costa, la foce del Tronto e il primo tratto della riviera abruzzese. Nessun esercito avrebbe avuto vita facile senza prendere, o stringere d’assedio, la fedelissima Civitella.



A rendere omaggio e a tessere l’elogio dei soldati delle Due Sicilie stretti d’assedio a Civitella del Tronto è stato il Cav. Giovanni Salemi, ex allievo della Nunziatella, che ha ricordato, prima della Santa Messa celebrata nella chiesa di San Giacomo, la storia delle istituzioni militari del Regno e il valore dei soldati napoletani caduti per difendere l’indipendenza della propria patria (l’intervento è riportato sotto). Al termine della celebrazione eucaristica in rito tradizionale si è svolta la colazione conclusiva alla fine della quale i convenuti si sono congedati dandosi appuntamento al prossimo anno. 


Roberto Della Rocca


Civitella del Tronto, in memoria dei soldati napoletani


Riportiamo l'intervento commemorativo del Cav. Giovanni Salemi in occasione del XLI incontro tradizionalista di Civitella del Tronto, 27 marzo 2011.

CIVITELLA DEL TRONTO - Mio compito è commemorare il soldato napoletano, meglio ancora il soldato delle Due Sicilie in quanto espressione di entrambi i Regni di Napoli e di Sicilia, costituenti, uniti, l’antico reame. Cercherò di farlo nel modo migliore impegnando tutta la mia passione per la nostra antica Patria, questa sì bella e perduta. Abbiamo visto, dopo 150 anni, oggi 27 marzo 2011 risalire orgogliosamente sul pennone di questa fortezza la bandiera con le armi di Casa Borbone, la bandiera nazionale dell’antico Regno del Sud, quella per la quale il soldato delle Due Sicilie combatté, soffrì e si sacrificò. Ad essa abbiamo reso gli onori noi tutti. Le note dell’inno reale delle Due Sicilie hanno completato questo rito contribuendo ad aumentare l’emozione che questa cerimonia dell’alzabandiera in un luogo sacro al ricordo, come questa fortezza, ha suscitato in tutti noi. Prima di tutto, però, desidero inviare un saluto devoto alla Real Casa di Borbone Due Sicilie quale pegno di perenne fedeltà ed attaccamento. 
Fondato da Carlo di Borbone e potenziato sotto il regno di suo figlio Ferdinando IV, l’esercito napoletano seppe affrontare le sfide che la storia pose ad esso innanzi guadagnandosi sempre encomi e lodi. Le formazioni napoletane dettero ottima prova, nell’impegno contro i francesi, a Tolone nel 1793 e sui campi della Lombardia nel 1796 dove rifuse, nella battaglia di Lodi, il valore e la capacità della cavalleria che con cariche coraggiose arrestò l’impeto francese proteggendo la ritirata dell’alleato esercito austriaco. Lo stesso Napoleone, che per via dei mantelli bianchi dell’uniforme la definì il corpo dei “diavoli bianchi”, ammise di averne ricevuto molto danno. Un tale giudizio mi sembra il miglior encomio. 
Ancora dopo, all’atto della seconda invasione francese, numerosi fatti d’arme illustrarono la virtù guerresca dei nostri soldati che, questo va detto, si batterono spesso con l’aiuto delle popolazioni: la resistenza di Gaeta e di Civitella del Tronto (1796), lo sbarco di Maida, la battaglia di Mileto, la resistenza di Amantea sono solo alcuni dei numerosi episodi bellici. Sempre l’esercito fu ricostruito e sempre, con animo indomito, affrontò il nemico. Furono veramente pochi gli stati europei che, come quello napoletano, si opposero per oltre quindici anni, con tanta costanza e tenacia, ai francesi. 
Voglio però ricordare in particolare, una istituzione militare che fu voluta da Ferdinando IV e che rivestì in tutta la storia militare del Regno un ruolo importante quale fucina di uomini e di soldati: intendo parlare dell’Accademia Militare della Nunziatella, costituita nel 1787 a Napoli, unificando tutti gli istituti militari di istruzione già esistenti. Essa fu voluta da quel Re con uno scopo ben preciso che è ben chiarito dalla scritta sulla lapide tuttora presente sul portone di ingresso di tale scuola: “Questa Accademia, perché dell’arte della guerra e degli ornati costumi la militar gioventù ottimamente ammaestrata crescesse a gloria e sicurezza dello Stato Ferdinando IV con regal magnificenza fondò l’anno 29° del suo Regno”. Oggi questo istituto, orgoglio di Napoli e del Sud, ancora vivo e vegeto, seppure declassato dopo il 1860 da Accademia a Scuola di Formazione per l’ammissione alle Accademie Militari, continua, nel solco tracciato dal suo fondatore, Re Ferdinando IV, la sua funzione di preparazione “alla vita e alle armi” ed è l’unica istituzione militare dell’antico regno sopravvissuta alla distruzione del nostro passato operata nel 1860. 
Se la vittoria finale non arrise alle nostre armi nella Campagna del 1860/61, non fu certo per mancanza di valore, ma essenzialmente perché una specie di maledizione attanagliò i comandi superiori si che le azioni furono mal guidate o interrotte e spente dando così la vittoria al nemico. Comunque anche quella campagna fu costellata di episodi bellici memorabili in cui i nostri soldati rifulsero per valore, fedeltà e animo: Calatafimi dove fu strappata la bandiera ai garibaldini ad opera del Cacciatore Luigi Lateano dell’VIII battaglione; a Milazzo; a Porta Termini a Palermo; a Reggio Calabria; a Caiazzo; a Capua ed in tutta la battaglia del Volturno; a Cascano di Sessa; al Garigliano ed ancora in tante altre occasioni. Da ricordare è il bellissimo esempio di fedeltà e di senso di onore militare dato dai numerosi soldati dei reparti sbantadisi in Calabria, per incapacità o fellonia dei capi, che raggiunsero sul Volturno il loro Re per offrirgli la vita e anche quei reparti che, ben comandati da capi onorati, rimasero organicamente uniti e raggiunsero anch’essi il loro Re, come il IX reggimento fanteria “Puglie” che, sotto la guida del colonnello De Liguoro, bandiera spiegata in testa e tamburi battenti, in perfetto ordine, uscì da Napoli per andare a Capua. 
E fu a Gaeta dove si compì il destino dell’esercito e del Regno tutto, che, con la resistenza all’assedio, si ebbe l’epopea finale che fu corroborata dalle altrettanto eroiche resistenze di Messina e di Civitella. A Gaeta dettero magnifica prova i Cannonieri di marina ed altri marinai che, sbarcati dalle navi che comandanti felloni avevano consegnato al nemico si batterono anch’essi da leoni. 
A Messina il prode maresciallo Fergola condusse la valorosa resistenza tenendo testa agli attacchi dell’artiglieria piemontese e all’arroganza del codardo Cialdini che approfittando della sua migliore posizione arrivò a far processare quegli ufficiali che più degli altri si erano adoperati a sostenere la resistenza. 
A Civitella poi, in particolare, i difensori raggiunsero il massimo dell’eroismo. Essi rifiutarono la resa anche dopo aver appreso dal Generale piemontese Della Rocca, la volontà del Sovrano che voleva risparmiare altri lutti. Si comportarono, apparentemente, da folli e potrebbero essere accostati ad altri esempi di valore come il piccolo Carmelo di Compiégne, isolato dalla Gerarchia e aggredito dalla Rivoluzione nei giorni del Terrore giacobino, non cedette. E come quelle sedici Carmelitane fecero voto al martirio per non tradire la fedeltà alla regola, così quei cinquecento difensori di Civitella votarono le loro vite per testimoniare al mondo e alla storia che il Mezzogiorno non era stato “liberato”, ma proditoriamente conquistato. Erano soldati cristiani, credenti nella sacralità della vita alla quale non si può volontariamente rinunciare se non per il martirio, cioè la testimonianza. Quei soldati, ormai soli, furono sordi anche alla voce del loro Re, la cui ansia di risparmiare lutti soverchiava il desiderio di difendere il trono. Sapevano però che il loro sacrificio non sarebbe stato vano, perché sarebbe assurto a testimonianza di quella fede che si comunica e si tramanda solo con l’esempio. Quei nostri soldati di Civitella, sono gli spiriti leggendari che ci radunano su queste alture e riempiono di significato queste giornate. 
Essi non ebbero onori postumi, non ebbero un ossario, non ebbero un monumento, non ebbero una stele od una lapide che li ricordasse, perché così si volle dal nuovo potere e dalla classe politica meridionale ad esso asservita. Noi li ricordiamo e li onoriamo con la Santa Messa che andiamo a celebrare nella cappella di questa fortezza dove ossa di quegli eroi furono ritrovate. In particolare il nostro ricordo va ai tanti soldati di cui non conosciamo il nome e che resteranno ignoti per sempre. Essi saranno sempre vivi nei nostri cuori. Onore e gloria, quindi, all’Esercito delle Due Sicilie ed onore e gloria ai suoi Morti.

                        Cav. Giovanni Salemi
                        Ex allievo Nunziatella
Presidente Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie


domenica 20 marzo 2011

Le Due Sicilie raccontate ai giovani stranieri

Alcune immagini di una lezione

CASERTA - Continueranno fino a giugno le lezioni di storia che l'Istituto di Ricerca storica delle Due Sicilie terrà ai ragazzi del Servizio Civile Europeo giunti a Caserta dai paesi comunitari. Si tratta di Leticia Imbernon, Brice Rea e Mihail Patrascu. I tre, impegnati nella loro attività presso gli uffici della Provincia di Caserta hanno avviato un percorso formativo e di approfondimento presso il centro studi Maestri del Lavoro, l'organizzazione di cui è stato promotore il Maestro del Lavoro Mauro Nemesio Rossi, giornalista ed esperto di storia locale casertana. Rossi ha attivato, con la collaborazione di numerosi altri Maestri del Lavoro e di esponenti della società civile e delle istituzioni un intensa attività volta ad educare al lavoro i ragazzi delle scuole superiori e non solo. I tre giovani stranieri che arrivano dalla Spagna, dalla Francia e dalla Romani, cui si affiancherà presto un ragazzo inglese, seguono corsi di italiano e storia, con particolare riferimento alla storia delle Due Sicilie di cui sono estimatori. I docenti del Centro Studi ed Alta Formazione Maestri del Lavoro sono la prof.ssa Giovanna Anziano (del Liceo Manzoni), la prof.ssa Stefania Modestino (dello scientifico Diaz), la prof.ssa Silvana Virgilio (Itc Terra di Lavoro e Liceo Manzoni) e il dott. Roberto Della Rocca (del centro studi Mdl e dell'istituto di ricerca storica delle Due Sicilie). Le lezioni si svolgono il martedì e il giovedì dalle 9.30 alle 12.00 e andranno avanti fino al 9 giugno 2011. Ad essere coinvolti sono anche altri componenti dell'istituto di ricerca storica, come Andrea Casiere e Giancarlo Rinaldi, che si sono immediatamente messi a disposizione per organizzare visite guidate a Napoli e nelle altre zone della Campania per favorire la conoscenza del patrimonio artistico, storico e culturale del nostro Sud. Particolare interesse hanno suscitato la riscoperta dei cippi di confine delle Due Sicilie, il ruolo della massoneria nel risorgimento e l'attività di Ferdinando IV e Ferdinando II di Borbone.

P.L.



Storia delle Due Sicilie, dibattito con Salemi e Garibaldi

Da sinistra il vicesindaco Brogna, Garibaldi, Giuliano e Salemi

CAPUA – Si è svolto sabato mattina un faccia a faccia che potremmo definire “storico”. Da una parte il dottor Francesco Garibaldi, discendente di Felice, fratello del più noto Giuseppe Garibaldi mentre dall’altra il Cavalier Giovanni Salemi, presidente dell’Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie e dell’associazione culturale De Mollot. Si è discusso, ovviamente, del travagliato italico “risorgimento”, tanto celebrato in questi ultimi giorni. Ad organizzare l’evento sono state le professoresse Angelina Sgueglia e Cristina Cantiello che hanno interessato il Prof. Francesco Mario Giuliano, dirigente scolastico dell’Itis Giulio Cesare Falco di Capua, che ha acconsentito allo svolgimento di una manifestazione storica “inusuale” per gli standard di questi giorni, pensando anche a rappresentare le ragioni dei vinti. E nessuno meglio del Cavalier Salemi poteva adempiere a questo compito visto che da decenni si batte per il ristabilimento della verità storica sui fatti del 1861 e sulle Due Sicilie nella sua Capua dove ogni anno è il promotore, nel mese di ottobre, della cerimonia per la commemorazione dei caduti della battaglia del Volturno. L’incontro, patrocinato dall’amministrazione comunale di Capua si è svolto proprio nella sala del consiglio dove i convenuti sono stati accolti dal vicesindaco Dott. Francesco Brogna. Gli interventi sono stati preceduti dall’arrivo di numerosi giovani che si sono presentati vestiti da garibaldini e da soldati napoletani, un quadro suggestivo organizzato dal gruppo storico di Sant’Angelo in Formis, altro fronte della battaglia del Volturno. 

I ragazzi del gruppo di rievocazione storica di Sant'Angelo in Formis

In un rapido, ma incisivo excursus storico Salemi ha ricostruito le origini storiche del meridione ricordando i pregi del governo borbonico del meridione e i tanti torti subiti a seguito della conquista Sardo Piemontese. Ai ragazzi del Falco di Capua sono così stati raccontate le grandi eccellenze delle Due Sicilie, da Mongiana a San Leucio, dallo zolfo siciliano alle saline pugliesi, dal tessile dell’Abruzzo alle cartiere dell’alta Terra di Lavoro. Sono state ricordate le realtà produttive di Pietrarsa e di Castellammare, dove i nostri cantieri navali hanno realizzato le migliori e più moderne navi del Mediterraneo. 

I ragazzi del "Falco" di Capua ascoltano la "lezione"

Attenzione anche all’onore dell’esercito napoletano: “Non possiamo, a 150 anni di distanza da quei fatti, continuare a parlare di esercito borbonico, come se i Borbone avessero dei mercenari al loro soldo. Quello era l’esercito napoletano, un esercito nazionale fondato nel ‘700 da Carlo di Borbone che ha lottato per la difesa dell’indipendenza del regno fino alla fine con migliaia di morti e feriti che – ha sostenuto Salemi -  abbiamo l’obbligo di onorare”. Anche il bluff del risorgimento è stato “svelato” nei dettagli mai raccontati: la corruzione, l’ingerenza straniera, quella massonica, la fellonia e i tradimenti alla base della conquista del sud che è proseguita poi con l’uso della forza, un decennio di guerra civile e migliaia di morti. Chi si aspettava uno scontro sulla figura di Garibaldi è rimasto deluso, segno che i tempi sono davvero cambiati e che la maturità su questi temi sta crescendo. Il dottor Garibaldi non si è infatti lasciato andare ad un amarcord familiare troppo facile ma poco veritiero. Ha parlato ai ragazzi dell’antenato come un uomo con i suoi pregi e difetti e li ha esortati ha inseguire nella vita un ideale ma anche a continuare il loro percorso di studi, perché solo approfondendo potranno avere le giuste conoscenze per affrontare il futuro. “Sono molto contento di conoscere il cavalier Salemi – ha infatti dichiarato Francesco Garibaldi – perché è conosciuto a Capua come uomo di grande valore e idealista di grande valore come dimostra la passione che mette nei suoi interventi. Sarei molto lieto di poter intervenire alla prossima commemorazione dei caduti del Volturno perché convinto che i morti non hanno colore”. Una verità e una dimostrazione di buon senso che è stata subito accolta da Salemi. A conclusione della manifestazione la consegna di una targa celebrativa ai due partecipanti, offerta dal dirigente Giuliano.

Paolo Luna

sabato 19 marzo 2011

Civitella resiste ancora - Appuntamento a sabato 26 marzo 2011


CIVITELLA DEL TRONTO - Il 17 marzo 1861 il primo ministro Camillo Benso conte di Cavour annunciò al Parlamento di Torino la nascita del regno d'Italia e l'assunzione del titolo e della corona al Re di Sardegna Vittorio Emanuele II di Savoia. Mentre la tragicommedia "risorgimentale" trovava compimento nella cornice dorata dell'aula torinese la fortezza napoletana di Civitella del Tronto ancora resisteva all'invasore sardo - piemontese ormai italiano! Il tutto sorto da un fraintendimento ma anche dalla volontà del primo governo unitario di accelerare i tempi ad ogni costo nel timore di un cambio di fronte (le rivolte del meridione già impegnavano decine di migliaia di soldati italiani) e di un intervento internazionale. Una volta caduta, quasi a voler punire la fortezza per la prolungata resistenza, l'esercito italiano cominciò a distruggerla a cannonate e intere parti di uno dei capolavori dell'architettura militare moderna fu seriamente danneggiato. A ricordare i valorosi combattenti di Civitella del Tronto e fatti che si svolsero durante quell'assedio, sabato 26 e domenica 27 si svolgerà il XLI incontro tradizionalista di Civitella del Tronto, un appuntamento imperdibile per la nostra storia. Di seguito il programma trasmessoci dal comitato organizzatore.

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Con l’Incontro di quest’anno, la Comunione Tradizionalista che si incontra a Civitella del Tronto entra nel 41° anno di vita. Un cammino che abbiamo sempre cercato di percorrere con lo spirito che si addice a chi crede nei valori che trascendono la contingenza.
Non siamo animati dal protagonismo perché crediamo nella testimonianza personale verso valori che in Civitella del Tronto trovano il segno tangibile della resistenza a tutto ciò che vuol distruggere la nostra Tradizione che è cattolica, federativa e missionaria. 
Con questo spirito ci rivolgiamo a tutte le persone di buona volontà che, accantonate le peculiarità associative, si identificano negli ideali da noi propugnati.
Per tale motivo, con il più profondo spirito di umiltà, facciamo appello a quanti condividono l’amore per la Tradizione affinché siano presenti al nostro appuntamento.
Nel mettere il nostro Incontro sotto la protezione del Servo di Dio don Placido Baccher, abbiamo il piacere di invitarLa al 41° Incontro Tradizionalista  di Civitella del Tronto che si terrà nei giorni  26 e 27 marzo 2011  per sviluppare il tema

UNIONE O UNITA’?
                                  
Nell’ambito dell’Incontro saranno ricordati i Martiri della Tradizione e verrà celebrata la Giornata in memoria del Soldato Napolitano.

L’Incontro si svolgerà nella sala del Consiglio Comunale di Civitella del Tronto gentilmente messa a disposizione dal Sindaco.
Il Comitato promotore degli Incontri Tradizionalisti di Civitella del Tronto

 Programma

 Sabato 26  marzo

 Ore 16,00 - apertura dei lavori e lettura dei messaggi pervenuti.

 Ore 16,15  - Inizio del convegno sotto la presidenza del prof. Paolo Caucci von Saukhen.


Dott. Giuseppe Catenacci. Presentazione dei seguenti due volumi che l’Associazione Nazionale ex Allievi della Nunziatella, sezione Abruzzo e Molise, offre ai presenti:

La gloriosa fine di un regno. Gli ufficiali dell’Esercito Napolitano formati dal Real Collegio Militare della Nunziatella alla Difesa di Gaeta nel 1860-61. A cura di Giuseppe Catenacci e Francesco Maurizio Di Giovine. Napoli, 2011, pagg. 168  

Pietro Calà Ulloa. L’Unione e non l’Unità d’Italia. A cura di Giuseppe Catenacci e Francesco Maurizio Di Giovine. Napoli, 2011, pagg. 144

Prof. Giovanni Turco. Le patrie reali e la patria ideologica.

             Prof. Miguel Ayuso. L’ambiguo federalismo.

Dott. Edoardo Vitale. Lotta all’usura e bonifiche nell’età di Ferdinando II.

Prof. Guido Vignelli. Dalla crisi della Nuova Italia laicista alla rinascita delle Antiche Italie tradizionali. 

                   Dott. Fulvio D’Amore, autore del saggio: Uccidete Borjes! Controcorrente, Napoli, 2010, ripercorrerà le tappe significative delle sue ricerche con l’ausilio di diapositive.

Dott. Francesco Maurizio Di Giovine. Il processo unitario nell’interpretazione storiografica del tradizionalismo.


Ore 20,30  - Presso l’Hotel Zunica si terrà la cena comunitaria con i piatti tipici della Tradizione Borbonica.

Dopo cena sarà proiettato il film “L’assedio dell’Alcazar” di Augusto Genina, anno di produzione 1940. Il luogo della proiezione sarà comunicato nel  corso del convegno.

Domenica 27  marzo

 Ore 09,30 - Concentramento dei convenuti a porta Napoli e corteo verso il monumento a Matteo Wade per deporre una corona in memoria dei caduti nell’assedio di Civitella del Tronto del 1860 – 1861.

Ore  10,15   Salita alla reale fortezza ed alzabandiera nella piazza d’armi.

Ore  10,30 Commemorazione del Soldato delle Due Sicilie tenuta dal dott. Giovanni Salemi, ex allievo della Nunziatella.

Ore 11,00  Celebrazione della Santa Messa in memoria dei Martiri della Tradizione e dei caduti Napoletani. .

Ore  13,30  Colazione a conclusione dell’Incontro presso l’Hotel Zunica.


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Sistemazione alberghiera


A Civitella del Tronto:

Hotel Zunica, Tel. 0861/91319 – fax 0861/918150

Camera singola: €. 55; doppia €. 70; tripla €. 90; quadrupla €. 100


Hotel Fortezza, Tel. 0861/91321 – fax 0861/918221

Camera singola: €. 37; doppia €. 48; tripla €. 65; quadrupla €. 70


Agriturismo La Rocca dei Borboni. Tel. 0861/91590

B & B La collina degli Ulivi
Situato ad un chilometro da Civitella del Tronto
Per le prenotazioni telefonare al n. 328 1785058 e chiedere di Ermanno

B & B Domus Dulcis
Situato nel centro storico di Civitella del Tronto
Per le prenotazioni telefonare al n. 338 1532397 e chiedere di Guido

A Ponzano (frazione a 3,5 km. da Civitella)

Hotel Ermocolle, Tel. 0861/91120 –   fax stesso numero
Prezzo da concordare alla prenotazione

A Sant’Egidio alla Vibrata (paese a 5 km. da Civitella)

Hotel Concorde, Tel. 0861/842406 –   fax stesso numero
Prezzo da concordare alla prenotazione

Hotel Scacco Rosso, Tel. 0861/843139  
Prezzo da concordare alla prenotazione

Ad Ancarano (paese a 4 km. da Civitella)

Parkhotel, Tel. 0861/87
Prezzo da concordare alla prenotazione




Per la cena di sabato €. 25.

 

 

Per il pranzo di domenica €. 30


 

 




Per informazioni 338 / 3982526

giovedì 17 marzo 2011

Italia 150, i "cattivi maestri" all'attacco

 
Gli storici Giovanni Sabbatucci e Lucio Villari, protagonisti di una lezione di storia in occasione dei 150 anni dell'unificazione su Rai uno.


CAPUA - Oggi, giorno 17 (numero certamente non gradito almeno secondo la smorfia napoletana) del mese di marzo (mese infido secondo il proverbio”marzo pazzerello vedi il sole e prendi l’ombrello”), e quindi  in difficoltà già in partenza, si celebra la ricorrenza della proclamazione del Regno d’Italia con sovrano il Re di Sardegna Vittorio Emanuele IICostui per confermare la partenza con il piede sbagliato non mutò il suo ordinale da II a I (egli era il primo e non il secondo re d’Italia) e già questa cosa che sembra insignificante, ma non lo è per niente, chiarisce tutta quella faccenda che va sotto il nome di risorgimento (non si sa da che!) e che fu in effetti una semplice storia di conquista e annessione, un pezzo alla volta e nemmeno con tanta calma, di tutto il territorio della penisola italiana. Tralasciando le conquiste a danno del Lombardo – Veneto, dei Ducati di Parma e di Modena e dello Stato Pontificio, conquiste esplicate attraverso azioni di aggressione senza dichiarazione di guerra, ma giustificate (almeno formalmente!) da sommosse “popolari” (ovviamente provocate da agenti segreti infiltrati, inviati dal governo sardo-piemontese), mi interesso comprensibilmente della occupazione militare del Regno delle Due Sicilie che si trovò a subire duplice assalto da parte di una banda irregolare con alla testa Garibaldi e da parte del Regno di Sardegna, prima in maniera subdola e poi in maniera chiara, ma sempre senza alcuna dichiarazione non dico di guerra, ma neanche di inimicizia. Tenendo conto, inoltre, della azione di supporto data ai sardo – piemontesi dalla sempre presente (là dove c’è da prendere qualcosa) Gran Bretagna. E le cose finirono come finirono, lo sappiamo bene, con la cancellazione dalla carta politica dell’Europa di uno Stato secolare esteso in tutto il Sud dal fiume Tronto, sull’Adriatico, e dal fiume Canneto, sul Tirreno, fino a Capo Lilibeo in Sicilia e a S.Maria di Leuca in Puglia .
Cominciò allora una damnatio memoriae per tutto il Sud e in particolare per la Dinastia dei Borbone Due Sicilie . Si puntò a far dimenticare la storia reale, se ne costruì una falsa, artefatta, ad usum delphini per costruire un mito,appunto quello del risorgimento e dei suoi attori principali, i famosi Vittorio Emanuele II, Garibaldi, Cavour e Mazzini, accompagnandoli ad una schiera di personaggi minori ma non per questo meno dannosi ed a volte cattivi e crudeli, del nord Italia, ma anche, tristemente, del Sud stesso e questi ultimi non furono pochi ma, soprattutto, furono tra i peggiori.
E tra questi devo annoverare due professori, accademici di Stato che stamattina nella trasmissione dedicata da “RAI Storia” alla cerimonia che si andava svolgendo in Roma ,tenevano banco e cioè il prof. Luciano Villari e il prof. Giovanni Sabbatucci, raccontando per l’appunto la storia dell’evento in questione e degli eventi che lo precedettero e lo seguirono.
Mio Dio, non si può accettare che si continuino a raccontare fandonie criticando peraltro il revisionismo che ha messo in luce e continua a farlo, grazie a Dio,tante verità nascoste o mistificate: non si può negare l’esistenza del polo siderurgico calabrese limitando tutta l’industria della Calabria a piccole tessiture di lino familiari (nelle fonderie e nelle miniere c’erano 5000 operai più tutto l’indotto); non si può dire che gli insorgenti erano tagliagole da strada ignorando i protagonisti del legittimismo europeo che accorsero per difenderei i diritti sacri del Re delle Due Sicilie come De Trazignies, De Christen, De La Grange e Borjes, tra gli altri; non si può legittimare l’applicazione della legge Pica (legge repressiva spietata e crudele) dicendo che lo Stato deve difendersi, senza far valere lo stesso ragionamento quando a difendersi era il legittimo governo napoletano riducendo il governo a criminale e dispotico e innalzando gli invasori al rango di patrioti. E così via, citando il numero di studenti che sarebbero stati presenti nel Regno, indicato erroneamente, senza tener conto che oltre l’Università di Napoli, c’erano, in Sicilia, quella di Palermo (di istituzione borbonica), quella di Messina (riaperta per volere di Ferdinando II nel 1838 dopo essere stata chiusa dagli spagnoli nel 1674) e quella di Catania (istituita nel 1434), oltre ai Reali Licei e ai Reali Collegi (istituti parauniversitari i primi e di livello superiore, come gli attuali licei, i secondi) presenti in tutto il Regno e, infine senza raccontare, dell’istruzione obbligatoria per legge per la quale c’è l’ultima disposizione emanata nel nome di FrancescoII il 24 novembre 1859. Come si fa a non citare almeno qualcuna delle punte di eccellenza del Regno? La Real Colonia di S.Leucio, l’esperimento comunitario funzionante e di gran successo; 

Veduta aerea della Real Colonia di San Leucio

le ferrovie delle Due Sicilie (non solo i 12 chilometri della Napoli – Portici); la realizzazione della prima nave a vapore che abbia solcato il Mediterraneo (la”Ferdinando I”) avvio di una lunga serie di innovazioni tecnologiche impiegate nel settore della cantieristica navale; 

La Ferdinando I varata nel 1818 a Castellammare di Stabia

i primi ponti sospesi in ferro, il Ferdinando sul Garigliano e il Maria Cristina sul Calore; Pietrarsa, il Real Opificio dove si lavorava il ferro calabrese per realizzare le locomotive delle Due Sicilie (mentre gli altri stati italiani dovevano comprarle dalla Gran Bretagna o dalla Francia), ove oggi al posto della fabbrica siderurgica, i cui impianti furono trasferiti al Nord, c’è solo un museo ferroviario, importante ma solo un museo e non una fonte di lavoro e reddito per le popolazioni; 

Il Real Opificio di Pietrarsa, oggi museo delle ferrovie italiane

o ancora i Cantieri Navali di Castellammare di Stabia; senza tenere conto della cosa più importante: quella dignità identitaria che ci è stata tolta.
Niente, solo bugie, menzogne dette sapendo di dirle, tanto che a dire il vero il prof. Sabbatucci si è alquanto dissociato dal collega che in preda a furia unitarista è arrivato a dire che quella verità, che non è tale, dovrebbe essere imposta.
E questo, tra le altre cose, pagato anche con i miei soldi senza avere la mia approvazione. Se vogliono fare esercitazioni propagandistiche di tale genere le facciano pagando di tasca propria!
Tutto questo senza neanche citare ,altrimenti non ne usciremmo più, tutta l’orgia tricolore di questa kermesse che si è svolta e si va svolgendo senza alcun riguardo, ripeto, per chi paga (e i soldi spesi devono essere proprio tanti!) secondo quella retorica patriottarda mielosa e vomitevole che abbiamo trovato sempre nei testi scolastici e in ogni manifestazione ufficiale.

Cav. Giovanni Salemi
Presidente Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie

Falvaterra, convegno sul brigantaggio - sabato 19 marzo 2011 ore 17.30


Un ritratto di Luigi Alonzi, detto Chiavone


FALVATERRA - L'associazione culturale Fabrateria in collaborazione con il comune di Falvaterra e con le associazioni "La Frontiera" di Pastena e "Le tre Torri" di Roccasecca, ha organizzato un convegno dal titolo "L'unità d'Italia e il brigantaggio a Falvaterra e dintorni". L'incontro si svolgerà presso la sala consiliare del comune di Falvaterra alle ore 17.30 di sabato 19 marzo 2011. 
Di seguito il programma:

Saluto del Sindaco Prof. Antonio Lancia
Saluto ed Introduzione del Presidente dell'Associazione "Fabrateria" Adriano Piccirilli
Relazione del Dott. Fernando Riccardi dell'associazione "Le tre torri" - Intervento sul contesto storico/politico del Brigantaggio. Principali figure storiche dell'area Sora/Roccasecca tra le quali il brigante Chiavone.
Relazione di Massimo Zomparelli dell'associazione "La Frontiera" - Il brigantaggio nell'area di Pastena/Falvaterra e figura del brigante Andreozzi

Info: associazione culturale Fabrateria
Presidente: Adriano Piccirilli - tel: 347/8758929 - email: mr.brilli@tiscali.it 

Italia 150, ma Caserta è borbonica...





CASERTA – Siamo nel 1859 o nel 2011? Questa la domanda che è passata nella mente a chi ha potuto godere dello spettacolo andato in scena questa mattina in piazza IV novembre a Caserta. Siamo al 17 marzo, giorno dei “festeggiamenti” per l’annessione del Sud al regno di Sardegna e della proclamazione del Grande Piemonte, eppure a Caserta il tempo pare essersi fermato a quando il Re delle Due Sicilie difendeva l’onore e l’orgoglio della propria terra. A farmi pensare ciò è l’azione di alcuni ignoti briganti che, forse scesi dalle montagne dell’alta Terra di Lavoro o forse ascesi dall’agro nolano, sono passati all’azione e hanno deciso di ricordare il proprio passato. Quale migliore testimonianza della Caserta borbonica che non dimentica il proprio passato, se non quella di infilare sotto il naso delle autorità politiche, militari, e amministrative della provincia di Caserta il vecchio bianco vessillo delle Due Sicilie? Tanto “audace” questo progetto che è stato messo in pratica dagli ignoti briganti moderni che nella notte tra il 16 e il 17 marzo sono saliti sui gradini del monumento ai caduti e hanno inalberato la bandiera duo siciliana, in memoria dell’antica grandezza e a dimostrazione di una voglia di lottare per uscire dallo stato di minorità in cui siamo precipitati dopo il 1860. Una notte di briganti visto che oltre alla bandiera in piazza IV novembre sono spuntati un po’ dappertutto i vecchi simboli della perduta nazione napoletana. In piazza Dante come pure in viale Unità Italiana, cuore di questi “festeggiamenti” casertani sono riapparsi i gigli borbonici, simbolo imperituro della grandezza della usurpata monarchia napoletana, e le scritte “W o’rre!”

  

La scena più bella è stata quella che si è consumata proprio al monumento ai caduti. Sin dalla prima mattinata le forze dell’ordine sono cominciate ad affluire numerose sul luogo in cui dovevano avere inizio i grandi festeggiamenti e tutti sono rimasti incuranti di fronte al bianco vessillo che, complice il vento, garriva nella fresca aria mattutina di Caserta. A porsi il problema sono stati i curiosi cittadini che sono arrivati sul posto per la cerimonia o di passaggio verso altre destinazioni. Intorno alle 9 un anziano signore in bicicletta ha indicato la bandiera ai carabinieri e, interrogato da un’altra passante dubbiosa sul significato del vessillo duo siciliano, ha prontamente risposto: “E’ la bandiera borbonica. Vuless’ o’ciel’ turnasser’ i Borbone!”. Tutti contenti, insomma dell’azione brigantesca. Nemmeno il tempo di godere dello spettacolo a Caserta che una notizia si è diffusa tra gli addetti ai lavori giunti sul posto. Gigli neri e una scritta W i Borbone è apparsa tra Capua e Santa Maria Capua Vetere a coprire l’indegna lapide di Porta Capua (che in realtà è l’arco di Adriano!) che ricorda l’azione garibaldina durante la battaglia del Volturno. Omettendo, ovviamente, il ruolo britannico visto che gli artiglieri (e forse l’artiglieria) erano inglesi giunti in aiuto del pirata dei due mondi. Un “w i Borbone” e tre gigli che, posso solo immaginarlo, sono stati lì messi in memoria di quanti caddero nei tristi giorni della fine del regno. Mi piace pensare che questo gesto brigantesco sia dedicato al capitano De Mollot dilaniato proprio all’arco di Adriano da una raffica di mitraglia anglo – garibaldina. L’azione brigantesca dell’altra notte ha dimostra che tra tutte le città dell’ex regno delle Due Sicilie, Caserta resta la figlia prediletta dei Borbone. Il popolo casertano, a differenza dei suoi politici e amministratori, non può dimenticare quanto la città tutta deve ai Borbone che nel suo territorio hanno eretto la Reggia e la Real Colonia di San Leucio, elevando il piccolo villaggio Torre al rango di vice capitale del regno più prospero e potente della penisola. La scelta di quei pochi che hanno voluto lanciare un segnale forte, issando quella bandiera e disegnando quei gigli, dimostra che Caserta e tutta Terra di Lavoro non ha dimenticato il grande impegno dei Borbone per questa terra. Impulsi economici e industriali, dalle bonifiche all’incentivazione alla creazione di industrie (tessile e cartiere dell’alta Terra di Lavoro, industria militare a Capua), dalla salute all’istruzione (con la fondazione di licei e scuole, l’ultima scuola aperta durante il regno delle Due Sicilie è l’attuale Itc Terra di Lavoro di Caserta, ex ragioneria, voluta da Francesco II).


La bandiera ha continuato a sventolare, in memoria di un grande passato e di tutti i caduti delle Due Sicilie morti per contrastare (prima e dopo il 1860) l’invasione sardo piemontese, fino all’arrivo delle autorità. La storia è stata allora messa da parte e il bianco vessillo, che ha fatto ritornare indietro nel tempo i casertani (almeno per una notte), è stato ammainato per lasciare il posto al tricolore repubblicano. Prefetto, Questore, presidente della Provincia, sindaci e amministratori hanno intonato l’Inno di Mameli. I bersaglieri della “Garibaldi” affollano piazza IV novembre, ennesimo ricordo di un triste passato. “Viva l’Ita(g)lia!”. Siamo tornati a questo stramaledetto 2011, con tutte le sue celebrazioni televisive e non.

Roberto Della Rocca

Italia 150, pensieri "controcorrente" e non solo...



NAPOLI - Numerosi sono i contributi di compatrioti (e non) che vengono segnalati su diversi siti di informazione locale e nazionale. Qui di seguito i link, che saranno aggiornati costantemente nei prossimi tre giorni, degli interventi da leggere:

La nota del dottor Luca Longo, vicepresidente nazionale dei Comitati Due Sicilie: "Festa per i 150 anni dell'unità d'Italia o festa per l'occupazione delle Due Sicilie?":
http://comitatiduesicilie.org/index.php?option=com_content&task=view&id=3975&Itemid=1

L'opinione di Gianfranco Parisi sul quotidiano online Caserta 24 ore - il Mezzogiorno dal titolo: "E' sbagliato festeggiare il 17 marzo quando l'Italia non era ancora unita":
http://www.caserta24ore.it/16032011/il-punto-sbagliato-festeggiare-il-17-marzo-quando-litalia-ancora-non-era-unita/#more-8602

L'intervento di Gianfredo Ruggiero, presidente del centro Excalibur dal titolo "Amo la mia patria, ma non come è stata fatta":
http://www.destradipopolo.net/?p=3700

La lettera di Antonio Gentile, presidente de L'altro Sud - Uds al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano:
http://www.laltrosud.it/Home/tabid/67/EntryID/173/language/it-IT/Default.aspx

Le attività dei comitati antirisorgimentali veneti:
http://www.traditio.it/COMITATI%20ANTISISORGIMENTALI/2011/MARZO/16/1617%20Marzo.pdf

Le attività di Insorgenza Civile, impegnata in una serie di volantinaggi da sabato nelle vie di Napoli:
http://www.insorgenza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=205:a-napoli-da-sabato-insorgenza-si-fa-in-tre-banchetti-a-chiaia-vomero-bagnoli&catid=35:appuntamenti&Itemid=74

Il cielo