giovedì 5 gennaio 2012

Celestino V, il Papa del "Gran Rifiuto"



CASSINO - Alla morte di papa Niccolò IV avvenuta a Roma il 4 aprile del 1292 ci vollero ben 27 mesi per eleggere il suo successore sul soglio di Pietro. Infuriava feroce la lotta tra gli Orsini e i Colonna e persino il luogo dove si sarebbe dovuto tenere il conclave fu oggetto di serrata contesa. E così accadde che i cardinali che facevano riferimento ai Colonna si radunarono a Roma mentre quelli fedeli agli Orsini si riunirono a Rieti. Alla fine però, dopo tanto indugiare, fu deciso che il conclave doveva tenersi a Perugia e qui in effetti si aprì il 18 ottobre del 1293. Doveva passare però quasi un anno per avere finalmente la “fumata bianca”: soltanto il 5 luglio del 1294, infatti, i cardinali raggiunsero un faticoso accordo sulla persona del monaco eremita Pietro di Morrone che prese il nome di Celestino V. Il nuovo papa, che aveva già ottant'anni (era nato ad Isernia intorno al 1215), accettò l'incarico a malincuore e soltanto dopo aver subito pesanti pressioni da parte del re di Napoli e dei cardinali che gli chiedevano di sciogliere la riserva soprattutto per il bene della Chiesa. Perdurando ancora il periodo di “vacatio”, infatti, la stessa poteva essere esposta a gravi rischi e pericoli. Pietro da Morrone aveva fatto parte dell'ordine monastico dei benedettini ma poi ne era uscito per fondare la congregazione eremitica dei Celestini (o eremiti di San Damiano) cui Urbano IV aveva dato la stessa regola di San Benedetto. Il nuovo pontefice fu salutato con grande soddisfazione soprattutto da quegli ambienti che speravano di porre un freno alla eccessiva mondanità che stava caratterizzando la curia papale negli ultimi tempi e perciò venne salutato come il “papa angelico”. Nell'agosto dello stesso anno Celestino indossò a L'Aquila il rosso manto papale e il 29 venne incoronato. Pietro era un uomo di santa vita, di irreprensibili costumi, dedito alla contemplazione ed alla preghiera, ma era anche profondamente inesperto di politica, non conosceva affatto l'arte della diplomazia e, soprattutto, si muoveva a fatica tra i sinuosi intrighi della curia papale. Fu così che ben presto cadde sotto la nefasta ed opprimente influenza di Carlo II d'Angiò, re di Napoli, che di fatto gli impedì di trasferire la sua residenza a Roma come volevano i cardinali. E per far sì che la sua volontà trovasse piena rispondenza nel vincolante parere del collegio cardinalizio indusse il povero Celestino a modificare il regolamento che portava alla nomina dei porporati. E così dei dodici cardinali che costituivano il conclave e che vennero nominati dal papa, sette erano francesi e vicini quindi al re angioino, mentre altri due appartenevano alla congregazione dei Celestini. Le cose  precipitarono nell'autunno del 1294 quando il papa decise di trasferirsi a Roma contro il parere di Carlo d'Angiò che osteggiava tale proposito. Di fronte all'ennesimo contrasto e convinto che non vi fosse alcuna via d'uscita, pensando soprattutto alla salvezza della sua anima, decise di rinunciare all'incarico papale. Dopo essersi consigliato con i cardinali, nonostante le insistenze di chi non approvava tale decisione, il 10 dicembre emanò la costituzione per l'abdicazione, il 13 lesse la formula solenne e quindi si tolse definitivamente le vesti papali e tornò ad indossare l'amato saio manifestando l'intenzione di voler riprendere la vita eremitica. Il suo pontificato era durato solo cinque mesi e nove giorni. La rinuncia di Celestino suscitò enorme scalpore. Qualcuno ipotizzò che fosse stato il suo successore Bonifacio VIII a costringerlo ad abdicare con la violenza, mentre altri posero seri dubbi sulla validità giuridica della rinuncia. Dante, dal canto suo, ebbe parole sprezzanti per Celestino V “colui che fece per viltade il gran rifiuto” e lo gettò tra le fiamme dell'Inferno (canto III della “Divina Commedia”), anche se non tutti i filologi ritengono che il riferimento sia proprio all'umile frate molisano. Con il clamoroso passo indietro di Celestino V (caso unico nella millenaria storia della Chiesa) si dissolveva definitivamente il sogno e la speranza di chi avrebbe voluto, attraverso l'operato del “papa angelico”, mettere un freno alla pomposità e allo sfarzo eccessivo della curia papale, per ripristinare uno stile di vita più morigerato, più austero e più vicino all'esigenza di spiritualità. Ma quello, ahimé, era più tempo di spada che di preghiera. Non a caso, il successivo e travagliato pontificato di Bonifacio VIII (1294-1303), che si trovò invischiato fino al collo in questioni che niente avevano a che vedere con la cura delle anime (si ricorda a tal proposito il singolare episodio dello “schiaffo di Anagni” datato 7 settembre 1303), dimostrerà quanto inadeguata fosse stata, specialmente sul versante politico, la scelta di Celestino V. “La devozione da sola non era sufficiente a guidare la Chiesa: erano necessarie anche conoscenze, capacità di esercitare il potere e risolutezza”, così scrivono Franzen e Baumer nel loro ponderoso volume sulla “Storia dei Papi”. Tutte qualità queste che non erano nel dna di Pietro da Morrone. Il quale, da uomo di meditazione e di silenzio, avrebbe voluto far ritorno nel suo romitorio. Bonifacio VIII, però, temendo che i suoi avversari avessero potuto servirsi di lui per provocare uno scisma, non glielo concesse. Il povero Pietro tentò di fuggire ma ben presto fu ripreso e rinchiuso nel castello di Fumone. E lì rimase prigioniero in una buia ed angusta cella fino a che non sopraggiunse la fine: era il 19 maggio del 1296. Anche sulla sua morte furono fatte parecchie congetture. Più di qualcuno sostiene che sia stato avvelenato dai carcerieri su ordine impartito da Bonifacio VIII. Fatto sta che il papa Clemente V, su proposta del re Filippo il Bello, nel 1313 lo proclamò “santo confessore”. Il suo corpo è sepolto nella splendida basilica di Santa Maria di Collemaggio, a L'Aquila, proprio lì dove qualche tempo prima era stato incoronato papa. La vicenda di Celestino V rappresenta una delle pagine più delicate, più controverse e più scomode della storia della Chiesa romana. Oggi, per fortuna, grazie soprattutto a quel poderoso “ciclone” che è stato Giovanni Paolo II, in quale ha promosso una rivoluzione copernicana anche in questo particolare settore, è possibile parlare e disquisire, senza difficoltà alcuna, di molte di esse. Non c'è da meravigliarsi pertanto se dal prossimo mese di febbraio presso i Musei Capitolini di Roma che ospiteranno una mostra documentaria intitolata “Lux in arcana. L'Archivio Segreto Vaticano si rivela”, comparirà anche la lettera originale, corredata da undici sigilli cardinalizi, datata 11 luglio 1294, con la quale da Perugia il collegio dei cardinali comunicava a Pietro da Morrone la notizia della sua elezione a pontefice. Un documento o, meglio, una pergamena, vergata ovviamente in lingua latina, dallo straordinario valore storico che per la prima volta viene mostrata al pubblico. Così come verranno mostrati senza veli altri 99 documenti originali custoditi da 400 anni nell’archivio dei papi che per la prima volta nella storia varcheranno i confini della Città del Vaticano e saranno visibili fino al prossimo mese di settembre. Un evento mediatico e culturale senza precedenti, un evento irripetibile che passa in rassegna conclavi, eresie, papi, imperatori, crociate, scomuniche, lettere cifrate, manoscritti, codici, antiche pergamene, un evento unico che racconta la storia attraverso le sue fonti dirette, abbracciando un arco temporale che va dall'VIII secolo dopo Cristo fino al XX secolo. La mostra, organizzata in occasione del IV centenario dalla fondazione dell’Archivio Segreto Vaticano, vuole spiegare e raccontare che cos’è e come funziona l’archivio dei papi e, nel contempo, “rendere visibile l’invisibile” e permettere di accedere ad alcune meraviglie custodite nei circa 85 km di scaffali dell’Archivio Segreto Vaticano. L'esposizione sarà arricchita da allestimenti multimediali, guidati da una rigorosa quanto coinvolgente narrazione storica, per permettere al visitatore di assaporare alcuni famosi eventi del passato e di “rivivere” i documenti, che si animeranno con il racconto dei retroscena e dei personaggi coinvolti. Per ottenere informazioni sulla mostra si può chiamare lo 06/0608. Inoltre, per essere informati in tempo reale su novità, approfondimenti e notizie relative alla mostra, si può accedere alla fan page su Facebook o seguire ogni anteprima su Twitter.

Fernando Riccardi

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