domenica 1 settembre 2019

1 settembre 1999-2019 In ricordo di Michele Topa

Riceviamo dal carissimo amico Erminio de Biase questo bel ricordo di Michele Topa.


Appresi la notizia della sua morte, quel 1°settembre 1999, mentre ero in auto, insieme con Silvio Vitale - altro pilastro del revisionismo storico delle Due Sicilie - e Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico. Ci accompagnava anche il battagliero Gabriele Marzocco, compianto amico di tutti noi. Eravamo diretti a Sala Consilina, in provincia di Salerno, invitati dall’allora dirigente della locale Pro Loco che, attraverso di noi, voleva far sapere ai suoi concittadini quanto poco ci fosse, in realtà, da festeggiare nelle loro tradizionali “giornate garibaldine”. Eravamo in pochi, ma eravamo una falange molto determinata.



La notizia della sua scomparsa mi sembrò un segnale del destino, un ideale passaggio di testimone. Era quella, infatti, una delle primissime volte in cui parlavo in pubblico e le cose che sapevo e che avrei dovuto trasmettere agli altri erano quelle apprese nei suoi scritti, attraverso i quali mi si erano aperti gli occhi sulla vera Storia del Meridione e in quelle che mi disse a voce quando ero voluto andare ad incontrarlo, pochi anni prima, in quel sorridente angolo di Baviera, dove viveva e dove adesso riposa.

Erminio de Biase


Se in questi vent’anni sono sempre più numerosi quelli che hanno riscoperto in se stessi l’orgoglio di appartenere ad un Paese che è stato grande, lo dobbiamo anche e, forse, soprattutto ai suoi scritti che hanno riacceso in ognuno di noi un orgoglio meridionale che, forse, non sapevamo di avere ma che, nonostante tutto, non s’era mai sopito. Per tale motivo, sentii il bisogno di salutarlo in questo modo:


Addio Michè
Ô munno ‘a verità Te ne si’ ghiuto,
ma ll’ata verità ca tu screviste:
‘e nu Paese ch’era bello e gruosso,
‘a Terra d’’e Burbune e d’’e Brigante
e che, pe ‘nfamità, fuje scamazzato,
chella no, chella, pe Ddio, cà resta!
Comm’ a ‘na bannera ‘nfaccia ô viento,
sporca e stracciata, ma c’ ‘o core a ‘into;
‘o stessu core ‘e nu napulitano,
ca ogge, salutanneTe ‘a luntano,
vo’ chiagnere e cantà ‘nzieme a ‘sti vierze.

Erminio de Biase




riportiamo inoltre alcune parole che Erminio ebbe a scrivere nel decimo anniversario della scomparsa di questo grande personaggio:



Pochi ignorano ancora che Michele Topa, insieme con Carlo Alianello, è un pilastro portante della rivisitazione storica di quello che fu il Regno delle Due Sicilie. I suoi libri, infatti, Così finirono i Borbone di Napoli e I Briganti di sua Maestà, insieme con i saggi ed i romanzi dello scrittore lucano, cominciarono a squarciare quella spessa cortina di menzogne che alimenta il mito del Risorgimento. Fu grazie alla lettura del suo libro, infatti, nel lontano 1968, che abbracciai convinto e senza ulteriori dubbi la causa duo-siciliana, a dispetto della storiografia ufficiale che, fino a quel momento e soprattutto attraverso la scuola, aveva fatto di me un ennesimo ignorante “storico”. Nel loro differente modo di scrivere, inoltre, Carlo Alianello e Michele Topa si integrano non sovrapponendosi perché, pur raccontando le stesse verità, lo fanno in maniera differente: l’uno con lo stile avvincente del romanziere, l’altro con il classico taglio del giornalista: concreto e deciso che va subito al cuore delle cose.


Conobbi Michele Topa nel 1995 quando, recandomi a Londra per raccogliere materiale d’archivio per il mio primo libro, volli fermarmi appositamente da lui che viveva in Germania, per conoscerlo, per parlargli ma, soprattutto, per poter avere l’occasione di stringere la mano a colui che, in un certo senso, aveva dato il la alla mia formazione di studioso del Regno delle Due Sicilie. Il suo primo libro, Così finirono i Borboni a Napoli (la I edizione aveva la copertina azzurra) mi spiegò, nacque per caso. Esso fu, in realtà, la raccolta di tutti gli articoli che egli aveva redatto, originariamente a puntate, per una rubrica de Il Mattino, il quotidiano di Napoli per il quale, all’epoca, scriveva. Fu un successo inaspettato quello che i lettori gli decretarono, tanto che fu deciso di raccoglierli in un volume che venne dato, poi, in omaggio agli abbonati a Natale del 1960. Quel testo, ora una rarità, è stato il primo mattone della mia biblioteca borbonica. Successivamente, all’inizio degli anni ’90, il libro fu ristampato in veste più elegante e ricca, nello stesso stile in cui, qualche anno dopo, avrebbe visto la luce I Briganti di Sua Maestà, un saggio sul cosiddetto Brigantaggio che -precedentemente- era stato pubblicato, sempre a puntate, su La Tribuna Illustrata. Anche questo suo libro ebbe per me un particolare significato: dalla sua bibliografia, infatti, trassi lo spunto per il mio secondo scritto. Per questi motivi, dunque, non posso non considerare Michele Topa come mia personale Musa ispiratrice. Ancora oggi, a tanti anni di distanza dalla loro pubblicazione, di tanto in tanto nelle vetrine dei librai o sulle bancarelle rispuntano, come fossero stati appena ristampati, i libri di Michele Topa (misteri di Napoli!) lavori che, scaturiti da tanta amorevole fatica, da tanta ricerca appassionata, gli produssero immensa soddisfazione, sebbene, a quanto mi risulta,  solo a livello… “morale”.

Erminio de Biase

1 commento:

  1. Caro Erminio, non ho avuto la fortuna di conoscere Michele Topa. Di lui posseggo purtroppo solo i soventi richiami che ritrovo nelle biografie di tanti volumi che trattano la fine del Regno delle Due Sicilie. Neppure mi è capitato mai di trovare il testo "Così finirono i Borboni di Napoli" nei tanti convegni cui ho partecipato .
    In particolare, per un mio libro di imminente uscita mi piacerebbe conoscere cosa abbia scritto Topa sulla vicende della "congiura" di De Sauclièrese, che don Liborio scoprì (o fece finta di scoprire) alla fine dell'agosto del 1860. Mi potresti far arrivare - anche tramite posta elettronica - una copia delle relative pagine?
    Un caro saluto
    Gaetano
    i

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