martedì 5 aprile 2016

La congiura dei Baccher: le condanne

LA STORIA NEGATA - La congiura dei Baccher: le condanne
di Eugenio DONADONI


l'articolo originale su napoliinternos.it





Il giorno prima dell’arrivo delle truppe di Ruffo furono condannati a morte  (quando ormai era illegittimo e inutile) i responsabili della congiura dei Baccher. Furono fucilati Gerardo Baccher (30 anni, tenente di cavalleria), Gennaro Baccher (32 anni, ufficiale della Real Contatoria di Marina), Ferdinando La Rossa (30 anni, Ufficiale del Banco di Sant’Eligio), Giovanni La Rossa (26 anni, impiegato in Sant’Eligio) e Natale D’Angelo (46 anni), con un “supplizio crudele perché nelle ultime ore del governo, senza utilità di sicurezza ed esempio”, come ammise lo stesso Colletta (1).

Eugenio Donadoni

Furono giustiziati con barbara maniera perché loro si diedero poche ore di cappella e furono menati due tre volte nel luogo dove volevasi eseguire la sentenza” che poi si eseguì “come in segreto sotto un arco di scala” dal lato della cappella di Santa Barbara all’interno del cortile del Maschio Angioino (2): la lapide sepolcrale dei Baccher e degli altri martiri dei giacobini, che era presso la stessa cappella, in seguito “fu cancellata da mano ingiusta”. Gli atti di morte furono pubblicati sul libro dei defunti XV ed ultimo della Parrocchia Palatina di Santa Barbara nella quale i condannati furono sepolti (3). 


Lord Horatio Nelson, sul petto la placca del Reale Ordine di San Ferdinando e del Merito

Nelle ore successive furono fucilate anche altre “undici persone della minuta plebe” e ci sarebbe stata una carneficina se ci fosse stato più tempo (4). Una sorella dei Baccher, Angela Rosa, scrisse al medico napoletano Domenico Cotugno chiedendogli dei farmaci per il suo parto “difficile e pericoloso” seguito alla fucilazione dei fratelli: “si era decretato di far morire nella notte il mio caro padre, li restanti fratelli con tutti li compagni carcerati ed sterminare ancora tutte e due le nostre intiere desolate famiglie  fino alli gatti…” (5).

Luigia Sanfelice

Il vecchio don Vincenzo Baccher, all’arrivo dei francesi nel 1806 fu ancora perseguitato e mandato in esilio presso il forte di San Carlo a Finestrelle da dove ritornò solo dopo il rientro di Ferdinando a Napoli nel 1815 (6). 



1)      Pietro Colletta, Storia del Reame di Napoli, ed. Napoli, 1970, vol. II, p. 84.2)       Mario Battaglini, Atti, leggi e proclami ed altre carte della repubblica napoletana, Napoli, 1983, p. 399 (viene riportato un articolo del Monitore)  3)      Ludovico De La Ville Sur-Yllon, La chiesa di Santa Barbara in Castelnuovo, in “Napoli nobilissima”, II, 1893, pp. 119, 173.4)      Domenico Ambrasi, Don Placido Baccher, Napoli, 1979, p. 37 (l’Ambrasi riporta un’affermazione del Marinelli). 5)      Domenico Cotugno, Lettere e scritti autografi, Sezione Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli, fondo San Martino, n. 122.6)      D. Ambrasi cit., p. 35. 



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