domenica 25 gennaio 2015

All'Ex Libris di Capua si è parlato di Nunziatella

Nella raccolta atmosfera della libreria “Ex Libris” di Capua, si è tenuto, il 23 gennaio scorso, l'incontro “Parliamo di Nunziatella”, organizzato dall'Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie e dall'Associazione Culturale “G. de Mollot, eroe del Volturno” in collaborazione con l'Associazione Nazionale “Ex Allievi Nunziatella”. Il comm. Giovanni Salemi, ex allievo Nunziatella del corso 1941-44 nonché presidente dell'Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie, ha introdotto il presidente “Ex Allievi Nunziatella”, ing. Alessandro Ortis, il quale ha illustrato un pamphlet, pubblicato dall'associazione e curato dal dott. Giuseppe Catenacci e dal dott. Francesco Maurizio Di Giovine. Il frutto più recente della ormai collaudata coppia è la cronaca della partecipazione degli allievi del “Rosso Maniero” (come viene confidenzialmente chiamata la Nunziatella) alle manovre militari che si svolsero proprio a Capua nell'aprile del 1838. Quell'anno, partendo da Napoli alle ore 2 pomeridiane del giorno 17 aprile, un drappello di 31 allievi della prestigiosa scuola militare fondata dal Re Ferdinando IV di Borbone, raggiunse Capua alle 6 antimeridiane del giorno seguente. Gli Allievi parteciparono alle manovre con grande competenza e valore meritando gli elogi del sovrano, Ferdinando II, che, sempre attento a tutto quello che accadeva nel Regno, assisteva personalmente alle esercitazioni. All'attività di carattere prettamente militare veniva affiancata, per completare l'educazione dei giovani, anche un'altra, per così dire, culturale. Infatti gli allievi visitarono l'anfiteatro romano dell'odierna Santa Maria Capua Vetere, ma anche la Cattedrale di Capua ed altri luoghi di particolare interesse. A conclusione delle due settimane, tornati nella Capitale, gli allievi furono festeggiati dai loro colleghi ed ebbero la gradita sorpresa di ricevere una lettera di encomio nella quale uno di loro, l'alunno Schmid, per essersi particolarmente distinto, veniva promosso sergente. 

l'affollata sala della libreria Ex Libris 

il Sindaco di Capua dr. Carmine Antropoli

Il sindaco di Capua, dr. Carmine Antropoli, ha rivolto ai presenti un breve saluto seguito dal dott. Catenacci, recentemente acclamato Presidente Onorario dell'Associazione Ex Allievi, ha ringraziato chi ha collaborato attivamente alla realizzazione dell'opuscolo: il giovane editore nocerino Vincenzo D'Amico e i due membri dell'Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie, Roberto Della Rocca e Giancarlo Rinaldi. Ha poi consegnato alcuni regali particolarmente graditi al presidente Ortis e al comm. Salemi, ringraziandolo per l'organizzazione dell'evento. Un intéressante e serrato dibattito sviluppatosi a conclusione degli interventi ha testimoniato ancor di più la riuscita della serata e il grande interesse suscitato.      


Ufficio Stampa Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie


ancora una foto della sala


il dr. Catenacci, Presidente Onorario, e l'ing. Ortis, Prrsidente dell'Ass. Naz. Ex Allievi Nunziatella



martedì 20 gennaio 2015

Parliamo di Nunziatella


Cari Amici,

siamo lieti di rammentarVi del bell'incontro voluto dal nostro Presidente, comm. Giovanni Salemi (ex allievo, corso 1941-44), attraverso la locandina realizzata dall'Associazione Naz. Ex Allievi Nunziatella.


Oltre all'ing. Ortis, Presidente dell'Associazione Ex Allievi, parteciperanno anche i due curatori della pubblicazione, il dr. Francesco Maurizio Di Giovine ed il dr. Giuseppe Catenacci, che dell'Associazione Ex Allievi è stato, recentemente, nominato Presidente Onorario. 

XC Anniversario della morte di Maria Sofia, Regina del regno delle Due Sicilie

Lo avevamo già pubblicato, è vero. Ma oggi, 19 gennaio 2015, è una data particolare.
Il 19 gennaio di novant'anni fa, in Monaco di Baviera, tornava alla Casa del Padre uno dei personaggi più importanti del secolo XIX:
Maria Sofia, nata Duchessa in Baviera, l'ultima Regina del Regno delle Due Sicilie. L'eroina di Gaeta, la Regina che non si arrese, mai, si ricongiungeva al Suo consorte con il quale proprio durante l'assedio di Gaeta aveva condiviso, insieme con tutti i difensori della Piazza, momenti di grande eroismo.
Mi è sembrato giusto ricordare questa data e questo personaggio noi tanto caro che seppe "conquistare" tutti coloro che ebbero la fortuna di incontrarLa.
(N.B. il post viene pubblicato oggi 20 gennaio, anniversario della nascita di Re Carlo, il Re che restituì alle Due Sicilie l'Indipendenza da lungo tempo perduta, per miei problemi personali che mi hanno impedito di poterlo fare nella data corretta. g.r.)


Nel novembre del 1924 il giornalista del “Corriere della Sera” Giovanni Ansaldo si recò a Monaco per intervistare Maria Sofia di Baviera, l’ultima regina di Napoli. Il marito, quel Francesco II di Borbone, al quale con un gravissimo atto di pirateria era stato sottratto tanti anni prima un legittimo regno, era ormai da tempo passato a miglior vita e Maria Sofia viveva gli ultimi scampoli della sua lunga e travagliata esistenza (era nata nel 1841), in un vecchio ma imponente palazzo adagiato sulla Ludwigstrasse, ospite di un nipote, figlio del duca Carlo Teodoro di Baviera. Il giovane giornalista si trovò di fronte una vecchia signora (aveva già 83 anni) che, però, malgrado le tante vicissitudini, niente aveva perso della sua regalità e del suo innato charme. Maria Sofia era ancora lucidissima e ricordava perfettamente il suo fin troppo breve ma felice periodo napoletano quando per tutti era “la regina”. Nel corso dell’intervista non vengono risparmiati giudizi taglienti riguardo ai Savoia che a quel tempo, è bene ricordare, erano ancora saldamente seduti sul trono d’Italia.  Ad un certo punto Maria Sofia diventa persino profetica quando esclama: “Il modo in cui loro hanno trattato noi è di brutto augurio. Dio non voglia che un giorno, anch’essi, non abbiano da difendere, dall’esilio, i loro patrimoni personali”. Profezia, ahimé, veritiera solo in parte. I Savoia, infatti, nel momento della fuga, furono molto più astuti e previdenti provvedendo in anticipo a spostare nei capienti forzieri svizzeri il loro inestimabile tesoro. Quel tesoro che era stato largamente rimpinguato grazie alle ruberie e ai furti perpetrati a Napoli e nel meridione tutto. Il giornalista resta rapito dalla determinazione e dall’energia della vecchia regina che di lì a qualche mese renderà l’anima a Dio, tanto che non riesce più ad articolare domande. Alla fine, in maniera alquanto impacciata e goffa, si congeda dalla regina e si reca in albergo a scrivere il suo pezzo. Quell’incontro, però, rimarrà impresso a lungo nella sua mente e nel suo cuore. Anche perché incontrare una persona di così elevato spessore e di così forte tempra, non era di certo cosa usuale. Maria Sofia, infatti, fino all’ultimo istante della sua vita, era rimasta e si sentiva regina. La regina di un Regno che era stato grande e che, proprio sull’esempio mirabile di cotanta donna, vorrebbe ardentemente tornare ad esserlo.

una foto giovanile di S.M. la regina Maria Sofia

INTERVISTA ALLA REGINA MARIA SOFIA DI GIOVANNI ANSALDO, APPARSA SUL CORRIERE DELLA SERA NEL NOVEMBRE 1924
(Ansaldo omise una parte - da "Voi lo vedete, sono povera." a "i loro patrimoni personali..." - che pubblicò sul "Tempo" il 12 febbraio 1950)


Maria Sofia di Baviera, regina di Napoli, vedova di Francesco II di Borbone. Non solo vive ancora, ma regna. Duchessa di Castro per il volgo dei maitres d'hotel e dei fattorini, imperatrice dell'anima per me.
Amo in lei la bellezza e la dignità della tragedia.
I re ci saranno sempre, trionferanno delle teorie e delle rivoluzioni, perché la tragedia è necessaria, ed essi soli ne sono i personaggi.
I poveri uomini hanno bisogno di esseri viventi, affrancati per nascita dalle miserie della promiscuitá sentimentale e da certe convenzioni verso l'uguaglianza, da certi livellamenti del dolore, da certi ménagements della rispettabilità.
Giorni fa, Maria Sofia, rovistava in certe vecchie casse, da anni non aperte. 
Ne trasse fuori due poveri acquerelli, due vedutine del Vesuvio, dolcemente velate da un languore di esilio, che aveva tremato nella mano del dilettante. Il suo fido Barcellona, che le era accanto, le trovò belle.
"Ti pare?" replicó la regina, socchiudendo gli occhi e guardando in prospettiva i due acquerelli. "Ti pare? Le dipinse il mio re. No, il mio re, tu lo vedi, non fu imbecille... Come dicono." 
le LL.MM. Francesco II e Maria Sofia

E rise. La vecchia regina di ottantatré anni ride ancora, dolcemente o con un secco convulso, e un `onda di sangue le monta ancora giovanilmente dal cuore alle tempie, fino alla radice dei capelli bianchi ; ride ancor oggi come nella casa paterna di Possenhofen, nella reggia di Napoli, nelle casematte di Gaeta, ai tempi dei suoi diciott'anni.
I grandi sdegnosi sono propensi al riso: è, in essi, una attitudine di di difesa contro la vita. Diversamente da sua sorella Elisabetta d'Austria, Maria Sofia cercò la felicità. Lo dice: "Noi, le cinque figlie del duca Max, ci chiamavano da giovani die Wittelsbacher Schwestern, le sorelle Wittelsbach. Portavamo tutte e cinque le treccie nere, ricondotte a giro appena al di sopra delle orecchie e sulla fronte, al modo delle contadine dello Oberbayern.
Poi tutte pigliammo il volo: Elisabetta diventò imperatrice d'Austria, Elena diventò principessa di Thurn und Taxis, Matilde sposò Luigi conte di Trani, Carlotta il duca di Alençon: ma di tutte e cinque, io era quella più predisposta dalla natura a godermi la vita" Il suo disegno è stato dunque una lenta e faticosa conquista, la sua indifferenza è una corona ben più gloriosa di quella monarchia normanna.
Le angustie di questi ultimi anni, le peripezie di una vecchiaia appena agiata, non le hanno tolto il suo riso, che ancor oggi vela il suo viso di porpora, la porpora della sua intima e vincitrice regalità, che le avventure del mondo e degli uomini non possono offendere. Maria Sofia vive a Monaco. Ospite del nipote, il figlio del duca Carlo Teodoro.
Il vecchio palazzo costruito dal duca Max sulla Ludwigstrasse accoglie, nell'ala sinistra, la sede della Deutsche Bank; nell'ala destra, la regina di Napoli. Accomodamenti inevitabili.
I giovani principi Wittelsbach, le nuove generazioni, si sono fabbricate altre dimore, a Bad Kreut, a Berchtesgaden, a Tegernsee: essi si portano dietro la servitù valida: hanno lasciato alla vecchia regina due servitori che indossavano con estremo decoro la livrea dei Wittelsbach, bianco-azzurra, e che introducono con dignità nell'anticamera nuda, con poche poltrone in raso giallo, ma senza - se Dio vuole - tutto il bric a brac degli appartamenti privati del poveri e banali re con regno.
Due vecchi servitori pensionati, due cameriere, il segretario: ecco la corte di Maria Sofia. II segretario è un catanese, il Signor Barcellona: da più di vent`anni al servizio della regina. E racconta, con devozione ingenua e onesta di impiegato.
Il conte de La Tour, il barone Carbonelli, il conte di San Martino, gli ultimi gentiluomini che circondarono la vecchia Maria Sofia prima della guerra, tutti morti.
"Io solo li sostituisco" fa il signor Barcellona con una infinita discrezione.
"Il patrimonio di Sua Maestà era tutto investito in fondi austriaci. Voi capite Ie conseguenze. La regina possedeva anche una bella villa sul boulevard Maillot, a Parigi. Fu lì che, anzi, ci sorprese la guerra. Oh, tutte le avventure per rispedire in Germania la servitù tedesca!... La regina ha la cittadinanza italiana, è italiana. La Pubblica Sicurezza francese fu allora molto gentile, per il passaporto. Io dissi: Ma capite bene, signori: non vorrete che una vecchia regina venga personalmente al commissariato! Capirono, e mandarono un delegato. Poi capitò il moratorium degli interessi: eravamo già qui a Monaco. Ma i Wittelsbach aiutavano ancora la regina: c'era sul trono il principe reggente. Leopoldo, quello stesso che la condusse all'altare, per procura di Franceschiello. Molti italiani, molti, visitò la regina nei campi di prigionieri. La regina parla correntemente italiano, appena qualche termine francese, ma di rado: e quelli se ne meravigliavano.
E lei spiegava così: "Sono una signora, che conosce bene Napoli". Oppure: "Sono una signora, che imparò da giovane a parlare italiano".
Poi diceva: "Povera gente! Si stupiscono di trovarmi cosi simile a loro, perché domando se hanno avuta tutta la loro razione di broda!". Regalò ai campi di prigionieri tutti i suoi libri italiani.
Ai tempi della "repubblica dei consigli", la regina era alloggiata al Kaiserhof, sullo Stachus. Gli spartachisti si difendevano dalle barricate erette proprio di fronte all'hotel, sulla Karlsplatz.
II proprietarlo diceva: "Ma Maestá, io declino tutte le responsabilità".
La regina rideva, e diceva: "Mio caro, assolutamente no. Io non scenderò in cantina. Voglio vedere se almeno i rivoluzionari di oggi tirano meglio di quelli dei tempi miei". E osservò sempre dal suo appartamento tutte le fasi della lotta.
Il generale Epp, che comandava le truppe del governo, le piacque molto perché montava bene a cavallo. Poi partimmo per Parigi, boulevard Maillot, dove passammo due anni: dall'ottobre `20 all'ottobre `22. Ora, la bella casa di boulevard Maillot è venduta. Si congedarono gli ultimi tre servitori italiani. Quest'inverno la regina avrebbe voluto anche svernare a Parigi: abbiamo scritto a qualche buon albergo, non dei primi: ma che prezzi! Cento franchi al giorno. La regina, voi capirete, deve fissare almeno tre o quattro camere. Per quest'anno bisognerá rinunciarvi. Come per i giornali.
Un tempo, noi ricevevamo una ventina di giornali, parecchi, anche giornali italiani: ma come si fa, adesso, con questa valuta? La regina riceve ancora qualche giornale italiano, ma così sapete... cosi, quando c`è qualche cosa di interessante...
Il segretario non vuol pronunciare le parole proprie: "di seconda mano". Ha ragione. I re non possono accettare nulla di seconda mano: né il trono, né il giornale. Io rifletto: quanto sarebbe bello e nobile se i più grandi giornali italiani inviassero una copia in omaggio a una vecchia Signora di ottantadue anni, che fu... Ma sì. Neanche da pensarci. Saremmo accusati di borbonismo latente.
"È così con la posta. Quanta posta, un tempo, signore! La regina faceva molta beneficenza, pagava delle piccole pensioni. Una la vuol pagare anche adesso, al vecchio Giovanni Tagliaferri, di Caserta, che fu con lei a Gaeta: è quello che si ricorda ancora adesso più cose di quando la regina era giovane, e guidava sei cavalli, con salda mano, per i viali di Capodimonte. Ma anche la posta, a poco a poco... Fu molto triste quando dovette sospendere il sussidio all'ospizio dei piccoli vetrai italiani, alla Plaine Saint-Denis, vicino a Parigi.
Fu suor Maria d'Ajutolo che ora è morta anche lei, che l'aveva portata a vedere cos'era la miseria di quella gente. Suor Maria d'Ajutolo era una donna energica, che quando parlava degli orrori della Plaine Saint-Denis, o di qualche altro affare del genere, piantava gli occhi in faccia alla regina, e diceva: "C'è da vergognarsi, Maestà ".
E la regina replicava fermamente convinta: "Si, c'è da vergognarsi, suor Maria". Quando le dissi che ormai non si poteva più fare quella spesa del sussidio, la regina era seduta di là al suo tavolo da lavoro, e ripeté due o tre volte, guardando così, nel vuoto: "C'è da vergognarsi, Maestà ". Poi aggiunse: "Nessuno mi parlò mai cosi bene come suor Maria ".
Ne aveva infatti una stima grande. Adesso, la regina scrive più a poca gente. In Italia ha ancora qualche amico dei tempi lontani: come la duchessa Della Regina, che è anche contessa di Macchia, di Napoili. Per il 4 di ottobre, che è il compleanno della regina, e per il nome di Maria, la duchessa manda sempre a chiedere che cosa la regina gradirebbe di più. E sapete, cosa indico sempre, io? Una cassettina di maccheroni, con un po' di cacio e di conserva, tanto almeno da poter fare un po' di pasta asciutta.
E la duchessa manda sempre tutto puntualmente. La duchessa è vecchierella pure lei, conobbe la regina a Caserta, non la rivide mai più, da quei giorni. Ma fa il pacco ancora lei, io conosco la calligrafia. Bisogna scrivere sull'indirizzo: "Liebesgaben ".
Allora alla frontiera non aprono il pacco, la dogana tedesca non apre i pacchi di strenne." "Liebesgaben", "dono d'amore". Voi siete una grande anima, duchessa "vecchierella". Voi scrivete con mano tremante la parola straniera, la parola misteriosa, la parola che deve aprire le frontiere lontane all'omaggio per la regina della vostra gioventù. "Liebesgaben", "dono d'amore..."
"La regina, quando riceve i pacchi della duchessa, con su scritto Liebesgaben, è tutta contenta. Manda a chiamare un vecchio napoletano, qui di Monaco (a Parigi, c'erano i Tagliaferri, zio e nipole) e si fa fare delle buonissime paste asciutte, che fa assaggiare a quanta più gente può. L'ultima volta, invitò a pranzo il Nunzio pontificio, monsignor Pacelli: ma un pranzo così in confidenza, si capisce: il Nunzio è molto intelligente e conosce le condizioni della regina. Del resto, poche visite. il Kronprinz Rupprecht, che viene ad essere nipote d'acquisto della regina, quando viene a Monaco da Berchtesgaden è sempre impegnato in cerimonie ufficiali di leghe militari, o altro: fa un salto qui a palazzo, ma pochi minuti.
La regina ebbe anche, tempo fa, la visita di una principessa italiana, che ora è entrata nella nostra Casa: la principessa Bona. Viene ad essere sua pronipote d'acquisto, perche il principe Corrado suo marito è figlio d'una figlia dell'imperatrice Elisabetta."
Il signor Barcellona si orienta nelle parentele wittelsbachiane- asburghesi con la sicurezza di un pipistrello in una caverna. "E poi, pochi altri amici. Tutte le sere alle cinque, viene la sorella della regina, la duchessa di Trani. Matilde che abita all `hotel Vierjahreszeiten, sulla Maximilianstrasse. A prendere il the. Allora io faccio un po' di lettura del giornali, perché la duchessa di Trani, per quanto meno vecchia della regina, non può leggere facilmente, senza occhiali, come la regina.
La duchessa di Trani ha ottant'anni. La regina dice che i loro discorsi sono tetri come quel verso di Schiller nella ballata di Rodolfo di Asburgo: "Als dächt'er vergangener Zeiten" (come se pensasse a tempi passati) ma lo dice senza rimpianti. Poi io riaccompagno sempre Ia duchessa di Trani all'hotel, che è piuttosto distante, e per lo scuro potrebbe succederle qualche disgrazia."

Rodolfo di Asburgo, quando i tempi passati lo riafferrano, e lo fanno piangere, siede al banchetto palatino, in mezzo alla sua corte, e può nascondere le lacrime "nel manto dalle purpuree pieghe". Maria Sofia non ha che la porpora del suo viso, che la protegge dalle ingiurie del volgo, dalle curiosità e dalle compassioni, meglio del manto imperiale "des Mantels purpurnen Falten".

In piedi accanto al suo tavolo da lavoro, dritta come il fusto di un giovane pino, la regina riceve. Sotto la frangia dei capelli bianchi, e l'arco grande e perfetto delle sopracciglia, gli occhi guardano il nuovo venuto, e insieme guardano lontano: Si sente di essere in margine a quella vita superba; ospiti, episodio. La bocca sottile si dà, sì, pena e per essere buona e benevola, ma non può sorridere col facile e banale incoraggiamento degli charmeurs.
La regina che resiste così tenacemente alla morte ha nel viso qualche cosa di quei bambini, per i quali si ha paura che muoiano presto: questo timore, questa ritrosia dinnanzi alla vita è uguale oggi sul suo viso, come nel ritratto che di lei diciassettenne Piloty dipinse, prima che andasse sposa. Per questo suo ansioso e disdegnoso viso, Maria Sofia è salva dalla oscena vecchiaia, è contemporanea di tutte le generazioni sopravvenule: è la donna senza età dell'antico poema ellenico, che colpita dalla sciagura della sua casa, tuttavia non disperando della giustizia degli dei, lieta e orgogliosa della propria bellezza che non può essere tolta ai poveri uomini, loda i disegni del fato.
Il tono con cui essa chiede al visitatore il nome, i maggiori, la patria, è schiettamente omerico. La regina crede nella bontà del sangue e nella importanza di una ascendenza almeno pulita. Essa chiede anche gli anni, e dice i suoi, senza alcuna vanesia senile. "Ho ottantatré anni. Uno di più dell'onorevole Giolitti. Sono molto vecchia."
La regina tace. Io cerco furiosamente nel mio cervello le domande da farle, le questioni, gli argomenti. Niente. Quella sua ultima frase mi fa l'effetto di una saracinesca, calata di colpo su una vetrina dove io volevo piluccare colla mia curiosità. "Sono molto vecchia.": sottinteso: "Le parole tue sien conte". Alzo la testa: la regina è immobile. Non riesco a vedere e a pensare altro che i due oggetti posati sul tavolo: un lavoro di tricot bianco, e un giornale. Finisco per chiedere alla regina quali giornali legga.
"Vi dirò. Io stessa leggo tutti i giorni Les Journal des Débats e Le Figaro. La mia politica estera la dirige un po' il signor Gauvain, che io considero il primo articolista politico di Europa, il più informato, indipendente e sistematico. Il Figaro lo leggo per la parte mondana. E l'unico giornale del mondo che dia bene i matrimoni, le morti, le villeggiature del mio parentado e delle mie relazioni, e in genere della buona società: una cosa molto più impontante di quanto voi credete. Poi il Figaro è l'unico di cui mi fido per le recensioni letterarie. Io compro i libri di cui dice bene, gli altri li trascuro senz'altro."
"E di giornali tedeschi?."
"Così, le Münchener, per quello che succede in città. Ma Monaco è triste, sapete. Questi monachesi hanno perduto la testa." La regina abbassa la voce, e ripete più volte: "perduto la testa." "Il Signor von Kahn è un uomo assai devoto alla monarchia: ma non ha testa, no, no." La regina accenna ancora di no, col capo, con indulgenza, con compatimento. "Io conosco come sono gli uomini devoti, ma senza testa."
Quando la regina sa che ho visitato anche la Ruhr, mi domanda se è vero che truppe francesi commettano tante atrocità. Io nispondo ciò che so.
"Ma io lo pensai sempre! Non può essere che i francesi si mettano a fare di proposito ciò che raccontano questi giornali" dice la regina sfogliando un numeno del Münchener. "Sono contenta che voi mi diate delle informazioni moderate e imparziali. Questa storia delle atrocità francesi nella Ruhr è come quell'altra delle atrocitâ tedesche nel Belgio. Tutto uguale, tutto così uguale, signore! E la "vergogna nera"? Anche lì si sara esagerato. Purtroppo chissà quante ragazze bianche, tedesche come francesi, vorranno andare col negro! Ma certo, è cosi..."
Una pausa, piena di povera umanità. La regina socchiude gli occhi come per non vedere quanto sono menzogneri e lubrici gli uomini. "Mon cher monsieur, le monde c'est fou. Non c'è modo di guarirlo. Ogni generazione ripete gli errori delle generazioni precedenti, prendendoli per clamorose novità."
La regina è informatissima delle cose italiane. Della Casa regnante, soprattutto: pone domande ermetiche, sigillate, di cui solo un iniziato alla vita di corte potrebbe afferrare il senso riposto. Si compiace che il principe Umberto sia un giovane: "È una gran fortuna, per un re, essere bello e prestante: se no, finisce pen restare... per restare, come dicono i francesi, aigri. La regina Elisabetta del Belgio (madre di Maria José) è mia nipote: è una figlia del duca Carlo Teodoro. Ed anche la mia preferita, penché la più vivace, la più audace, quella che da bambina somigliava di più a noi, le sorelle Wittelsbach, quando bambine eravamo anche noi, nella casa di mio padre, in Possenhofen".
Una grande stima per l'imperatrice Zita di Asburgo. "Vedete quanto è fine: è stata l'unico personaggio regale che non abbia scnitto le sue memonie. Gli editori americani gliele avrebbero pagate anche a lei. Ma una regina che scrive le sue memorie... L `impenatrice lo ha capito."
"Le memorie sul mio conto, voi dite? Oh, quante ne incominciai a leggere! Ma romanzi, tutti romanzi che gettavo via indispettita.." Niente aquiletta bavara. "Io ero una sana e allegra ragazza. Ma torniamo all'imperatrice Zita. Ha due disgrazie: il nome, che è brutto, e quel viaggio in aeroplano in Ungheria: quelle aventure!... Ma suo figlio tornerà sul trono."
Arco, Deauville, Tegernsee, la casa degli Orléans a Twickenhan, la villa di Neuilly sur Seine: sfondo su cui passano rapidamente bare di re in esilio, nozze di principi giovani, cavalcate solitarie di lei, la rievocatrice.
"Ditemi. Ho veduto sull'Illustration una fotografia, in cui alcune monache salutano il re d'Italia e Mussolini con il braccio disteso alla romana. E esatto questo? O è un trucco?" "Credo che sia esatto,.Maestà." 
"È vero che l'onorevole Mussolini cerca di avere ottimi rapporti col Papa?"
"Credo che sia vero." 
"Ma è naturale, è naturale..."
Non insisto. Ho paura dei ricordi della sua gioventù e dei suoi anni di regno...
"Voi lo vedete, sono povera. Ed abito qul per concessione di un mio nipote; ché altrimenti dovrei abitare in un quartierino di sobborgo Schwibing o a Sendling. Monsieur Barcellona mi serve per devozione, non certo per il salario che gli posso pagare. Non ho neanche i mezzi per abbonarmi a qualche rivista italiana e per comprarmi le ultime novità di Treves, come mi era sempre piaciuto fare. I Savoia non sono stati chic con noi Borboni.
Che don Giovanni Rossi ch'era impiegato della Casa Reale nostra, e che aveva la custodia del borderò di quattro milioni di ducati, proprietà privatissima di mio marito, sia andato subito a presentarlo al Garibaldi, appena costui entrò in Napoli, per farsene merito, non mi meraviglia; che il Garibaldi lo abbia subito confiscato, insieme ai borderò degli altri principi borbonici, neppure questo mi fa meraviglia; i rivoluzionari hanno sempre fatto così con i re caduti. Ma che i Savoia, dopo che ebbero annesso il regno di Napoli, non abbiano sentito il bisogno di usare un po' di riguardo ai Borboni, che erano stati re legittimissimi, come loro, questo è ciò che ancora oggi, dopo tanti anni, mi fa meraviglia. Vittorio Emanuele lo sapeva pure che quei quattro milioni di ducati venivano dalla dote della madre di Francesco II, venivano dalla eredità di Maria Cristina di Savoia, erano il frutto della vendita dei beni allodiali del primo ramo dei Savoia, in Piemonte, e di palazzo Salviati, a Roma.
E sapeva bene che la villa di Caposele, a Mola, non aveva nulla da fare coi beni della corona, coi palazzi reali di Portici e di Capodimonte per esempio; ma era stata proprietà personalissima di re Ferdinando e da questi lasciata al re Francesco, mio consorte, in testamento, proprio in testamento, come bene libero. Ma non fece nessuna distinzione neppure lui, come il Garibaldi. Fu un re che si comportò con noi come un rivoluzionario, e ciò non è bene. La repubblica francese fu molto più signora con gli Orleans di quanto sia stato il regno d'Italia con noi... E ora voi mi dite che i figli del re d'Italia sono sani e belli e che si godono la vita. Io ne sono felice e auguro loro ogni bene. Ma il modo in cui loro hanno trattato noi è di brutto augurio. Dio non voglia che un giorno, anch `essi, non abbiano da difendere, dall'esilio, i loro patrimoni personali..."
Ma la regina vi pensa, con dolcezza. Parla dei suoi servitori italiani, i tre ultimi che ebbe: sa con precisione i nomi, cosa fanno, dove sono. "Erano tre meridionali che mi restarono devoti all'infuori di ogni convenienza personale, finché non fui io che li mandai via, perché... erano giovani, venuti al mio servizio per raccomandazione di qualche vecchia amica, dovevano farsi una famiglia, non era più possibile che perdessero il tempo attorno a una vecchia signora.
Si possono fare molte ferrovie, molte strade, molte scuole in quei paesi: gli uomini non si cambiano, sapete. Resteranno sempre attaccati per devozione personale al padrone che saprà convincerli: i più bravi soldati di tutta la penisola, insieme ai montanari alpini. Avevo Gaetano. Gaetano Restivo, siciliano di Ficarazzo, in provincia di Palermo: adesso è laggiù al suo paese, mi ha mandato tempo fa una cassettina di arance. L'ultimo tributo che mi arriva...
Poi Luigi Tagliaferri, di Caserta, nipote di un altro Tagliaferri, che fu con me a Gaeta. Poi Gaetano Marsala, abruzzese di Pescocostanzo, che ora fa il calzolaio a Parigi. Questo Marsala è un'anima semplice, e mi parlava sempre della corona angioina che si conserva nella collegiata del suo paese. Pareva che contasse delle favole, quando raccontava della corona angioina: che da quanto capii dev'essere in qualche sacrestia della Chiesa, e il Marsala da bambino, deve averla ammirata a lungo, quando si preparava per servir messa. Per lui, c'era attorno alla corona di Pescocostanzo veramente un regno perduto, pieno di tutti gli splendori... assai più che per me. Un siciliano, uno di Terra di Lavoro, un abruzzese: avevo proprio attorno a me tutte le province del Regno.
La voce si abbassa stanca, cade. Nel punto che muore, sento che la regina mi accomiata, mi lascia di nuovo in margine alla sua ricca vita, in cui mi illusi, a qualche accento, di poter guardare con occhi chiari. Di questa sua vita, non mi ha lasciato intravvedere nulla: solo degli scorci, delle prospettive sul suo pensiero: dei giudizi, se volete: ma della vita profonda, nulla. Nella sua tragedia, non ci sono mai stati confidenti, e i monologhi sono aboliti.
Quando sono sulla soglia, la regina comprende la mia disillusione sciocca, e ne ha una pietà ironica. Alta in mezzo alla sala, essa mi richiama con un cenno. Forse, ora, mi appare per un istante la vera, la barbara Maria Sofia di Wittelsbach, fatta per essere guidatrice di cavalli, compagna di conquistatori, madre di re? Ma la solita voce smarrita mormora: "Voi siete giovane, signore: vedrete ancora vecchie regine, tante cose, tante cose..."
Mentre tentavo ii mio primo inchino cortigiano, Maria Sofia accennava ancora, tristemente, col capo, alle avventure del mondo; che essa non vedrà più. Ma forse osservava. anche la mia goffaggine plebea nell'ossequio alla Maestá, e l'impiccio in cui ero per uscire dalla stanza, senza voltare le spalle, come ho letto nei libri che si pratica coi re: e compiangeva questi miseri tempi, in cui non si insegna neppune l'inchino dinnanzi alle regine.


"...E ‘a Riggina! Signò !... Quant’ era bella!
E che core teneva! E che maniere!
Mo na bona parola ‘a sentinella,
mo na strignuta ‘e mana a l’ artigliere....
Steva sempe cu nui!... Muntava nsella
currenno e ncuraggianno, juorne e sere,
mo ccà, mo llà.... V’ ‘o ggiuro nnanz’ ‘e sante!
Nn’ èramo nnammurate tuttuquante!…"
Ferdinando Russo da "'O Surdato 'e Gaeta"

domenica 11 gennaio 2015

L’IGNORANZA DELLA STORIA NEI LICEI

di Ulderico Nisticò

Ieri un
Tizio che di tanto in tanto pinoaprileggia sulla storia del Meridione e si unisce al coro degli sparaballe “eravamo la terza potenza industriale” e “un milione di morti”, si prese la briga di accusarmi di impartire “lezioncine scolastiche”, e poi, nel suo misero dire, mostrò di credere che Garibaldi all’Aspromonte sia stato ferito dai “nostri”, invece che, come fu, dai bersaglieri italiani di Pallavicini; ovviamente ignorava anche che il fatto avvenne nell’agosto del 1862, a Regno DS da un pezzo caduto.

 Un’altra
famosa personalità dei Comitati Due Sicilie, salutata come lume della storiografia, mi rivelava di non aver mai sentito nominare re Ladislao, pur possedendo una laurea in storia.

 Quasi tutti
i meridionalisti della domenica mostrano con tutta evidenza di sconoscere anche l’esistenza in vita, nell’Ottocento, di Luigi Buonaparte o Napoleone III che dir si voglia; e di avere appena qualche idea che ci sia stato un certo Cavour, e, i pochi che ne sanno qualcosa, gli attribuiscono una feroce politica antimeridionalistica nel 1880 circa, cioè vent’anni dopo il trapasso.

 Sono tutte
persone istruite, come accennavo, con titoli di studio. Come possono ignorare nozioni così banali? Semplice, per essere stati a scuola, in un liceo, e perché nei nostri licei la storia italiana non si studia se non per vaghi accenni; e ciò per queste ragioni:

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ormai i professori di tutte le materie sono diventati schiavi del libro di testo e della programmazione, rinunciando alla libertà d’insegnamento, che è sancita dalla Riforma Gentile e che non è mai stata abolita o messa in discussione;

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i professori seguono pecorescamente l’ideologia del libro di testo, e, per esempio, se di simpatie fasciste insegnano lo stesso, cioè leggono, il testo antifascista senza il minimo cenno critico o dubbio, e ciò non per paura ma per incapacità di spiegare alcunché senza il libro davanti; idem se di simpatie borboniche;

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se sono preparati, è peggio, perché privilegiano la filosofia anche nello studio della storia, e insegnano l’interpretazione dei fatti senza i fatti; e i ragazzi conoscono benissimo il perché di niente;

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i testi di storia sono palesemente scopiazzati da libri francesi e inglesi, e parlano per decine di pagine della Guerra dei cento anni, e mezza paginetta sull’Ottocento italiano; zero sul Settecento. Perciò non preoccupatevi che a scuola si parli bene di Garibaldi, perché non se ne parla proprio; e figuratevi di Cialdini!

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il metodo d’insegnamento è sempre di più fondato sullo studio; i ragazzi, non ancora del tutto rintronati, studiano quando sanno che c’è l’interrogazione; perciò magari conoscono la Seconda guerra mondiale ma non la Prima; e figuratevi la Guerra di Crimea!

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la storia è insegnata in maniera astratta e seriosa e pesante, come un fatto di idee o di classi, mai come di esseri umani: mai un pettegolezzo amoroso su Napoleone o sul Duce, che pure ne offrirebbero materia!

 Corollario.
I meridionalisti hanno scoperto la storia due o tre anni fa, e si pongono di fronte ad essa come i ragazzini quando fanno la prima timida scoperta del sesso: con esagerato entusiasmo.

domenica 4 gennaio 2015

il 23 gennaio a CAPUA si "parla di Nunziatella"

Dal nostro Presidente riceviamo questo invito:



 Il giorno 23 gennaio p.v. a Capua presso la Libreria Ex Libris di palazzo Lanza si terrà una riunione che io intitolo ""Parliamo di Nunziatella"".  Tale riunione sarà costituita ,essenzialmente di Ex Allievi della Nunziatella ,ma nel complesso di personaggi vari, in primo luogo ci auguriamo i giovani ,  e ,con questi, tante e tante persone direttamente legate a questa Scuola per i motivi più vari,dalla semplice simpatia all'aver fatto parte  o farne parte tuttora della organizzazione della Scuola stessa, tutti accomunarti da un uguale sentimento d'amore verso questa Istituzione .
Il perchè di questa riunione è presto detto : in occasione della XVII edizione della celebrazione dell'anniversario della Battaglia del Volturno del 1 ottobre 1860con commemorazione dei Caduti dell'Esercito del Regno delle Due Sicilie ,fu prodotto un panphlet che riporta notizia di una manovra militare svoltasi a Capua nel 1838,manovra alla quale parteciparono gli Allievi dell'ultimo anno di corso della allora Accademia Militare del Regno delle Due Sicilie e tale panphlet fu iopera dell'amico ex allievo ed oggi Presidente Onorario per acclamazione della Associazione Ex Allievi,dr.Giusepe Catenacci,in collaborazione con lo studioso di Storia Patria del Sud dr.Francesco Maurizio Di Giovine (non è ex allievo,ma lo è ad honorem ed è autorizzato a portare la cravatta sociale).Questo panphlet è stato molto apprezzato da ognuno che ne abbia avuta conoscenza ed è stato molto apprezzato dal Presidente Nazionale in carica Ex Allievo ing,Sandro Ortis.che mi ha chiesto la possibilità di venirne a parlare  proprio a Capua.
Con grande piacere io,Ex Allievo del corso 1941-1944, e con me i miei collaboratori della Associazione Culturale Capitano G.De Mollot -Eroe del Volturno - e dello
Istituto di ricerca storica per le Due Sicilie ,con il particolare aiuto datomi da mio figlio Francesco, siamo tutti all'opera per realizzare questo momento d'incontro  che ci è caro tantissimo anche perchè,mi sia consentito dirlo,parlare di Nunziatella significa parlare della Scuola Milirtare più antica d'Europa tra quelle ancora in vita e al contempo significa ricordare quella ""nostra"" Napoli il cui ricordo noi veneriamo ,operando con la speranza di poter valdamente contribuire a risollevarLa .
Vi aspettiamo tutti  a CAPUA    PAL.LANZA   VIA GRAN PRIORATO DI MALTA 25    IL GIORNO 23 GENNAIO 2015 ALLE 18,30 .
             
 
                                                                                                                                                                                       Giovanni Salemi                                                                                                                                                                                  

sabato 3 gennaio 2015

Il libro su il Conte di Caserta presentato a Roma



ROMA - La vita del Principe Alfonso di Borbone è stata costellata da una lunga serie di eventi. Difficilmente si incontrano uomini così straordinari per essere riusciti ad incarnare, nella propria semplicità, il senso pieno di una tradizione che oggi è soltanto il ricordo di un'epoca lontana.
S.A.R. il Principe Alfonso 
Una storia che siamo riusciti a riportare alla luce grazie all'opera del Marchese Gaetano de Felice che per primo, e con maggiore risonanza, alla fine dell'800 seppe tracciare un profilo biografico di quello che definì, a ragione, il Re. Era da poco scomparso Francesco II, ultimo sovrano del Regno delle Due Sicilie, e il de Felice, che da anni si era fatto apprezzare per il proprio lavoro di cronista e opinionista "controcorrente", volle rendere omaggio alla figura lontana di questo ultimo giglio di Napoli che stava scontando in esilio, a Cannes, colpe non sue. Quel lavoro, che uscì a puntate sulla Discussione, grazie all'attenzione e alla passione del Presidente onorario dell'Associazione Ex Allievi Nunziatella, Giuseppe Catenacci, è stato riscoperto e rielaborato dallo storico Francesco Maurizio Di Giovine e dall'editore Vincenzo D'Amico. Insieme con loro, che sono stati i veri protagonisti dell'incontro, nell'anno in cui ricorrono gli ottant'anni dalla morte, è stato presentato il libro "Il Re Alfonso di Borbone Conte di Caserta" a Roma, lo scorso 22 novembre presso la bella sala "Francesco Cossiga e Guido de Marco" della Link Campus University.
Al tavolo dei relatori da sin.: il Marchese Giogio Mirti della Valle, S.A.S. il Principe Manfred Windisch-Graetz, il dr. Giuseppe Catenacci, il dr. Francesco Maurizio Di Giovine ed il moderatore dr. Roberto della Rocca

Alla presentazione, organizzata dal nostro Istituto insieme con la Delegazione per Roma e per il Lazio del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, con l'Alto Patronato dell'Associazione dei Cavalieri Costantiniani, ed il Patrocinio dell'Associazione Nazionale Ex Allievi della Nunziatella, nonché della stessa Link Campus University,  erano presenti il Delegato del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio per Roma e Lazio, S.A.S. il Principe Manfred Windisch-Graetz e i due Delegati Vicari, il Marchese Giorgio Mirti della Valle (per la Città di Roma) ed il prof. avv. Franco Ciufo (per il Lazio) che ha portato anche i saluti del Presidente dell'Associazione dei Cavalieri Costantiniani, Marchese Giuliano Buccino Grimaldi.
Il Vice Presidente della Link Campus University prof. dr. Pasquale Russo, ha portato i saluti del presidente del prestigioso Ateneo On. prof. Vincenzo Scotti.
l'intervento dell'avv. Sevi Scafetta
Oltre ai due curatori, hanno parlato l'avv. Sevi Scafetta, fondatore, insieme con l'avv. Silvio Vitale e con il Marchese Don Achille Di Lorenzo, del Convegno Tradizionalista della Fedelissima Città di Gaeta, ed il dr. Giovanni Grimaldi, esperto
genealogista.
da sin.: il dr. Francesco Maurizio di Giovine ed il dr. Giovanni Grimaldi
Numerosi gli intervenuti, tra i quali il Presidente in carica dell’Associazione ex Allievi della Nunziatella dott. Alessandro Ortis, il Principe ing. Don Pierluigi Brancia d’Apricena ed  Per la Delegazione Vicaria di Roma, presenti anche il Cancelliere Nob. dott. Fabrizio Ratto-Vaquer ed il Tesoriere dott. Aurelio Badolati.
il Delegato Vicario per la Città di Roma il Marchese Giorgio Mirti della valle
S.A.S. il Principe Manfred Windisch-Graetz Delegato per Roma e Lazio del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio

il 1799 in Alta Terra di Lavoro

Dopo aver avuto un ottimo riscontro il 4 ottobre ad Atina si continuerà sabato 17 gennaio 2015 in San Germano (odierna Cassino), con un arricchimento coreografico, con un ulteriore approfondimento sui fatti accaduti in Alta Terra di Lavoro nel 1799. 


"Mi raccomando venite se potete che non ve ne pentirete. Buon anno a tutti e sono certo che il 2015 sara un anno che ci portera buone cose a tutti, un saluto" è l'ottimo consiglio che il nostro amico Claudio Saltarelli, organizzatore dell'evento, ci rivolge.



Il cielo