sabato 18 giugno 2011

IL FUTURO DEL SUD/ Puglia - Cina: accordo strategico su tessile, energia, turismo e ambiente

Il Governatore della Regione Puglia incontra la vicepresidente del Guangdong 

BARI - Non saprei dire se la notizia è buona o cattiva, ma propendo più per la prima ipotesi. Si parla dell'amministrazione regionale pugliese, guidata da Nichi Vendola leader di Sinistra e Libertà, che ha firmato nei giorni scorsi un accordo commerciale (ma non solo) con i rappresentanti della provincia cinese del Guangdong. Teniamo presente che la provincia cinese del Guangdong non è una provincia italiana ma una unità amministrativa, neanche tanto grande dal punto di vista geografico, che conta oltre 104 milioni di abitanti, quasi il doppio della popolazione di tutta la penisola. Per non parlare dei dati economici che sono ascrivibili alla provincia orientale. 

La divisione amministrativa della Cina e, in evidenza, la regione del Guangdong

Con un PIL che supera i 160 miliardi di dollari, cresciuto di più del 12% nel 2010 e con la concentrazione di quasi tutte le imprese tessili del colosso asiatico, il Guangdong esporta il 40% dei prodotti tessili circolanti in tutto il globo, rappresentando, da sola, una piccola potenza economica. L'accordo di cooperazione è stato sottoscritto al Castello svevo di Bari in una cerimonia pubblica ufficiale alla quale ha partecipato il Governo regionale, rappresentato dal Governatore Vendola e dall'assessore allo Sviluppo Economico e vice governatore, Loredana Capone, il Ministero degli Affari Esteri rappresentato dal Ministro Plenipotenziario Massimo Roscigno, il Governo della Repubblica Popolare Cinese rappresentato dall'ambasciatore a Roma Ding Wei, e la Provincia del Guangdong con la presenza del Governatore Wang Yang e del suo vice, la Signora Zhao Yufang. Il progetto di collaborazione prevede integrazione su settori specifici che sono l'energia rinnovabile, il turismo, la valorizzazione del patrimonio culturale e l'industria culturale creativa. L'accordo si inserisce nel programma approvato dal Ministero degli Affari Esteri, dalle Regioni e dalla Cina, programma avviato nel 2002 con l'apertura del Governo guidato da Silvio Berlusconi alla Repubblica Cinese, continuato nel 2007 con la visita di stato del Presidente del Consiglio Romano Prodi a Pechino e poi con la visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

 
Due immagini delle visite di Berlusconi e Prodi in Cina

Un rapporto, quello con la Cina, che interessa tutti gli schieramenti politici e che si rafforza sempre di più col passare del tempo anche se resterà in sospeso fino a quando il governo comunista di Pechino non darà una risposta all'annosa questione dei diritti umani negati. Proprio su questo punto Nichi Vendola ci ha tenuto a specificare che il Governatore del Guangdong, Wang Yang, è una delle figure in ascesa del Partito Comunista Cinese, destinato ad alti incarichi all'interno del Partito e del Governo della Repubblica. Il suo animo è profondamente rinnovatore e riformista come dimostra lo slogan "Happy Guangdong" che si è tradotto in un miglioramento delle condizioni di vita ed economiche della classe operaia provinciale. Nell'ultimo anno in Provincia i salari sono aumentati del 40% anche se il resto della Cina non è felice come il Guangdong. 

La campagna anti Olimpiadi promossa dai comitati per i diritti umani

Nonostante questo non si può, in attesa della venuta di un Gorbacev d'oriente, ignorare un colosso come la Cina e per questo motivo sono stati sottoscritti i protocolli di intesa "Renewal" (economia sostenibile, ambiente ed energia), "Tex-tech" (moda) e "Travel" (turismo) che dovrebbero, da una parte, aumentare il ruolo politico delle Regioni, e, dall'altra, garantire un sostegno alla crescita economica locale. Con questi obiettivi Nichi Vendola ha sottoscritto gli accordi che gioveranno all'attuale commercio tra Italia e Cina. Il governo italiano è il 17° fornitore internazionale della Provincia, 3° tra i paesi dell'Unione dopo Gran Bretagna e Francia, ma la nostra fetta di mercato è soltanto dello 0,9%.Molto di più quello che importiamo dal Guangdong, soprattutto beni strumentali (il 43% del totale esportato dalla provincia giunge in Italia) e poi combustibili minerari, prodotti plastici, ottici, rame, ferro, acciaio, alluminio, metalli preziosi e via dicendo. La Puglia, con quest'accordo, è la prima regione italiana a concludere qualcosa in merito ai progetti di cui abbiamo poco prima parlato. Il fatto non è di second'ordine visto che, come sottolineato da Vendola, si è sfatato il luogo comune del Sud arretrato e fermo rispetto all'operoso nord. E lo dico senza voler tirare la volata al Governatore visto che chi mi conosce sa come la posso pensare e sa anche che per me contano i fatti e non le parole. L'accordo con la Cina su quei temi è un fatto. 

Più turisti e più energia pulita, alcuni obiettivi dell'accordo tra Cina e Puglia

E fatto ancor più straordinario, a mio modestissimo avviso, è che il Sud, per la prima volta in modo così eclatante (seppur poco pubblicizzato), conquista uno spazio internazionale e non lo fa aprendo una costosissima e inutile sede rappresentativa all'estero, oppure organizzando un banchetto celebrativo di qualche evento che interessa uno stato estero ma lo fa impegnandosi su programmi concreti di sviluppo e di crescita per il Sud. In fin dei conti antica è la tradizione commerciale del Sud, ben prima del Regno delle Due Sicilie, che risale fino all'epoca delle repubbliche marinare (con Amalfi, regina del Mediterraneo assieme a Venezia, Pisa e Genova), ancora nel XIII E XIV secolo quando si fermò l'espansionismo saraceno e la pirateria araba e ripresero i traffici con Bisanzio, per proseguire con i provvedimenti dei vicerè spagnoli e concludendo con l'espansionismo commerciale ed economico dei Borbone. In questo quadro la Puglia ha avuto un ruolo strategico di primo piano con protagonista il porto di Bari, rafforzato in funzione anti austriaca quando i Borbone arrivarono a Napoli e potenziato fino al 1860 con diversi interventi infrastrutturali e legislativi. 

Un'immagine del porto di Bari nell'Ottocento

La tradizione commerciale del Sud occupò ampie pagine della diplomazia borbonica. Carlo di Borbone stipulò i trattati di pace con gli stati nordafricani e intessé relazioni commerciali di grossa importanza con gli altri alleati. Lavorò a stretto contatto con la deputazione del commercio e tentò di costituire una compagnia commerciale mediterranea. Il lavoro proseguì sotto il regno di Ferdinando e Maria Carolina e la vocazione commerciale fu incrementata ancora dall'attivismo diplomatico degli anni 30' e 40' dell'Ottocento sotto il regno del grande Ferdinando II
E l'occhio del Regno puntava sempre al Mediterraneo e all'Oriente, non a caso (dopo aver sottoscritto trattati commerciali con le grandi potenze europee, con gli stati del nord Europa, i paesi dell'America Latina, Stati Uniti e Impero Russo) l'ultimo trattato commerciale delle Due Sicilie, firmato sotto il regno di Francesco II, fu firmato con il Governo Ottomano di Costantinopoli. Il piano di sviluppo del Sud non può prescindere dall'intavolare rapporti diplomatici e commerciali volti a stabilizzare e incrementare i traffici con il Sud del mondo, in particolare con Stati Arabi, paesi mediterranei dell'Africa e potenze emergenti (in primis Cina, India e Brasile). L'Italia invece è in stato di totale apatia di fronte alle molteplici rivoluzioni popolari nei paesi arabi (dove si è scelto di non scegliere tra i governi più o meno legittimi e i manifestanti della piazza), è impantanata in una guerra senza senso con la Libia (una guerra che sarà buona soltanto a consegnare petrolio e gas a Francesi e Inglesi), siamo lontani dall'India e in guerra diplomatica col Brasile per un terrorista sfuggito alla giustizia italiana grazie al ruolo della Francia! Ma ci rassicurano che tutto va bene, Madama la Marchesa!

Roberto Della Rocca

1 commento:

  1. Sono perfettamente d'accordo! Durante l'impero romano, la parte più ricca dell'Italia era quella meridionale, perché più vicina alle aree economicamente sviluppate del periodo, quali la Grecia, l'Anatolia (odierna Turchia), la Siria, l'Egitto, l'odierna Libia, ecc.ecc. Non a caso la strada più importante dell'Impero era l'Appia, la regina viarum, che metteva in comunicazione Roma con il porto di Brindisi, da dove, come ci riferisce il "nostro" Orazio (era meridionale) in un suo componimento poetico, si raggiungeva l'Oriente. Dobbiamo quindi auspicare un Mediterraneo pacifico e economicamente sviluppato. Quando, sul finire dell'Ottocento, iniziò il movimento sionista, che aveva quale obiettivo quello di riportare gli Ebrei in Palestina, il meridionalista Francesco Saverio Nitti lanciò un grido d'allarme: la nascita di uno Stato ebraico avrebbe determinato delle tensioni nel Mediterraneo orientale, tensioni che non avrebbero certo giovato all'economia meridionale. Questa, come altre intuizioni del Nitti, si è rivelata fondatissima. A scanso di equivoci, ritengo opportuno ricordare come il Nitti, che era stato Primo Ministro nel 1919/20, allorché prese il potere Benito Mussolini andò in esilio volontario all'estero, per tornare in Italia soltanto dopo la caduta del Fascismo.

    Cordiali saluti, Ferdinando Corradini

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