giovedì 3 marzo 2011

Neapocalisse di Jean Noel Schifano, un libro per chi ama Napoli


La copertina riesce a inquietare, con quei personaggi anonimi che girano su una classica giostra a cavallo in un luogo sconosciuto in un tempo anonimo. Lo stesso titolo “Neapocalisse” non rassicura. Ma una volta aperto l’effetto è “barocco”. Una sorpresa continua man mano che si va avanti nella lettura. La firma è, in fin dei conti, una vera e propria garanzia: Jean-Noël Schifano. Neapocalisse, edito da Tullio Pironti nel maggio 1990, è la traduzione (affidata a Costanza Jori) del testo Naples risalente al 1981 quando l’Ed. du Seuil di Parigi raccolse le impressioni di un francese a Napoli. Non un francese qualunque, in ogni caso, visto che si sta parlando di Schifano. Non qualunque perché la formazione dell’autore lo rende uno dei più preparati e sicuramente uno dei maggiori conoscitori di Napoli e della napoletanità visti gli anni che ha trascorso in città nella sua veste di direttore dell’istituto Grenoble e poi come direttore editoriale e critico editoriale di N.R.F. e del quotidiano Le Monde. Ma veniamo a Neapocalisse. Il libro non è nient’altro che una guida attraverso la capitale che fu, ma non una classica guida turistica. Si tratta di una guida per chi ama Napoli e chi l’ha scritta ama questa straordinaria città dai mille volti e dai mille colori. L’amore è evidente in ogni parola impressa su quel centinaio di pagine. Neapocalisse è storia, geografia, poesia, amore allo stato puro come si capisce quando Schifano spiega: “Non si può visitare Napoli come si visita New York. La metropoli dell’America settentrionale ha tre secoli di esistenza, la metropoli del meridione italiano tre millenni. E questi tremila anni, se li porta dentro di sé, sin dalle sue origini, stratificati fino ai giorni nostri”. Ancora amore dichiarato per la città quando consiglia allo straniero esterrefatto per il classico caos automobilistico: “Non imprecare viaggiatore straniero, non maledire questo disordine infruttuoso, questa ricreazione d’ogni istante, e abbi pazienza. Spalanca gli occhi. Napoli, città spettacolo, t’impartisce la sua prima lezione. Alla scuola dello sguardo, quella vera, impara a guardare; non un palcoscenico artificiale, uno schermo di tela o di vetro, bensì direttamente, in mezzo alla via, la vita quotidiana dei più grandi attori del mondo. Il solo potere a regnare su Napoli, dall’alba dei tempi, è l’immaginazione. L’immaginazione al servizio della trasgressione”. Ma Napoli non è certo un guscio vuoto e i napoletani sono semplicemente splendidi con tutti i loro difetti e tutti i loro pregi. Dal bambino maledetto Cola Pesce, che sfugge alla grande madre terra, allo storico Masaniello, che non vuole il potere e trova la morte, passando attraverso le alchimie del principe Raimondo di Sangro e le “parenti” che reclamano il sangue di San Gennaro ma partendo dai vinti, gli umili, i veri, i napoletani che si accontentano della cosa più bella, il sole: “Il sole penetra nelle profonde fessure di Napoli fino al selciato di lava nera per un breve lasso di tempo: una mezz’oretta al giorno circa. L’artigiano, il piccolo commerciante, allora, tirano fuori una sedia e si piazzano nel vicolo e niente o nessuno, neppure il più facoltoso cliente, potrà interrompere questa fusione della sedia, del sole e dell’uomo che formano, nell’arco di una mezz’ora, un animale fiammeggiante, una chimera di felicità. Napoletani, cioè unici, irriducibili, incorruttibili”. Neapocalisse è un viaggio dentro la vera Napoli, dal Vomero a piazza San Domenico, da San Martino e Castel Sant’Elmo, alla Cattedrale, Palazzo Reale, il San Carlo, Spaccanapoli, via San Biagio dei Librai e Santa Chiara. E chi ama Napoli non può dimenticare la triste sua realtà e guardando la statua di Vittorio Emanuele II di Savoia davanti Palazzo Reale Schifano scrive: “Tutti questi vincitori, spettri dal grottesco scettro, venuti dai quattro punti cardinali, qui a Napoli sono spariti nella loro stessa vittoria, una vittoria che qui non può che perdere braccia e testa, come in quella sua allegoria acefala e monca del Museo Nazionale. Napoli li ha assorbiti, fagocitati nella dolcezza avviluppante del suo popolo. Questa Napoli pidocchiosa spogliata di tutto, soggiogata militarmente, politicamente, economicamente se n’è infischiata di tutti i poteri, fino a quelli dell’attuale repubblica, ha scelto la nudità dell’anarchia lasciando la pompa degli affari di Stato, questo osso senza polpa vitale da rosicchiare, a coloro che si sono accaniti a cambiare il mondo al prezzo della sua felicità”. Viva Napoli! E buona lettura.

Roberto Della Rocca

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