sabato 31 marzo 2018

PONTELANDOLFO FU UNA VERA STRAGE. ANZI, UNA RAPPRESAGLIA. L'intervista al Presidente dell'Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie, Fernando Riccardi, a cura di Gennaro Grimolizzi per Domus Europa


Si riaccende il dibattito sui fatti dell’agosto del 1861. Intervista a Fernando Riccardi

A cura di Gennaro Grimolizzi



Ci risiamo. Una cosa molte triste nella storiografia e nella pubblicistica. Minimizzare o vestire la divisa di questa o quella “squadra di intellettuali”. Fare la conta dei morti. Succede da decenni, da quando la pietra tombale, posta da chi decise che non si dovevano rivelare tanti aspetti di come venne “fatta” l’Italia, è stata rimossa da validi e, viste certe circostanze, coraggiosi studiosi dell’unità nazionale.

Pochi giorni fa “La Lettura”, inserto culturale del Corriere della Sera, ha dedicato una pagina intera al libro in uscita di Giancristiano Desiderio, collaboratore di Via Solferino e direttore del periodico “Il Sannio”. Eloquente il titolo dell’articolo. Come detto prima, “solo” tredici morti e non centinaia a proposito dei fatti accaduti nell’agosto del 1861 nel borgo di Pontelandolfo, in provincia di Benevento. Qui il Regio Esercito represse nel sangue la rivolta dei cittadini ancora vicini ai Borbone e critici verso chi voleva unificare con la forza e la prepotenza. Il Corrierone (un tempo), a proposito del volume di Desiderio, esalta le ricerche del giornalista campano. Le sue argomentazioni rivelano una volta per tutte, la verità sugli accadimenti di oltre centocinquanta anni fa. E viene in mente un avvocato che alla conclusione delle sue arringhe era solito dire: “Questi sono i fatti, Vostro Onore. Quelli veri!”. Per alimentare il dibattito su tante pagine di storia dimenticata o presentate con le vesti della minimizzazione partigiana abbiamo interpellato il giornalista e storico Fernando Riccardi, che da sempre studia gli episodi che fecero l’Italia e gli italiani.

L’ultimo libro di Giancristiano Desiderio, “1861 Pontelandolfo. Tutta un’altra storia”, rivede i fatti tragici di oltre un secolo e mezzo fa. Cosa ne pensa?

«La sua domanda ha bisogno di una risposta articolata. Intanto aspettiamo di leggere il libro prima di dare un giudizio, una regola di assoluto buon senso non a tutti cara. Gli articoli di presentazione apparsi sui mass media in queste ultime settimane lasciano intendere che Desiderio metterà a disposizione dei lettori e degli studiosi un apparato documentale ed archivistico in grado di sconvolgere ogni ricostruzione che fino ad ora è stata fatta di quei tragici fatti. Staremo a vedere. Per il momento si è limitato ad annunciare che i morti di quel 14 agosto 1861 a Pontelandolfo non furono centinaia ma soltanto tredici, come risulta dai “libri mortuorum” conservati nelle chiese parrocchiali del piccolo paese del beneventano. E qui già si può notare una piccola ma significativa discrepanza».

Quale?

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domenica 25 marzo 2018

IL MISTERO DELLA CASA DI VANVITELLI. Lo storico Astarita denuncia la 'falsa' lapide che, dal 1879, indica un palazzo neanche costruito ai tempi dell'architetto del Re Borbone

CASERTA - Sta facendo molto discutere, in queste settimane, la presa di posizione dello storico casertano Nando Astarita che ha spiegato, in termini corretti e documentati, la vera storia della 'finta' casa abitata dall'architetto Luigi Vanvitelli negli anni della sua permanenza per la costruzione della Reggia voluta dal Re Borbone. La storia della casa la trovate, ricostruita nei dettagli, da Nadia Verdile nel suo articolo pubblicato da 'il Mattino' che vi proponiamo in calce. L'istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie sostiene l'istanza di verità storica manifestata da Nando Astarita e accoglie la sua richiesta, ad associazioni, enti e istituzioni che si interessano di tutela del patrimonio, di scrivere al sindaco di Caserta e al soprintende Buonomo per chiedere, a distanza di anni, il riconoscimento della realtà storica dei fatti. 

La disputa secolare
CASA VANVITELLI la verità dimenticata
Lo storico Nando Astarita rilancia il caso dell'edificio dove viveva l'architetto della Reggia: lapide al posto sbagliato
Il Mattino 13 marzo 2018
di Nadia Verdile

Le bugie hanno le gambe corte, soprattutto quando a pretendere la verità c'è la storia. Così, dopo tanto discutere, lo storico casertano Nando Astarita ha detto basta e ha scritto al sindaco di Caserta, Carlo Marino, e al soprintendente Salvatore Buonomo. Rivelando ciò che in parecchi sanno ma che incredibilmente continua a restare lettera morta. Dal 1879 troneggia sulla facciata di un palazzo ottocentesco in corso Trieste, una lapide commemorativa che indica la casa che fu abitata dall'architetto per eccellenza, Luigi Vanvitelli. Andiamo, però, per gradi. Il progettista del palazzo reale più bello di sempre si trasferì a Caserta nella seconda metà del 1751. Avuto l'incarico di realizzare la Reggia, soprintendeva alla realizzazione del tracciato della residenza e del parco. Inizialmente prese alloggio nel palazzo dell'Intendenza presso il Boschetto. Più tardi andò ad abitare, in fitto, in un piccolo appartamento posto in uno stabile adiacente la chiesetta di Sant'Elena, in via Mazzocchi. "Il falso della casa di Vanvitelli nacque nel 1879 - spiega Astarita - in occasione dell'inaugurazione della statua di Vanvitelli nel primo centenario (con qualche anno di ritardo) della sua morte. In quella circostanza i politici del tempo, per menar vanto, esibirono come casa dell'architetto su cui apporre la lapide ingannatrice e volutamente equivoca, un Palazzo importante ed in ottime condizioni sostituendolo a quello vero dove Vanvitelli aveva realmente abitato, che era piccolo, bruttino e in condizioni degradate. La falsa casa era appena stata costruita su una strada che all'epoca della morte di Vanvitelli non esisteva ancora!".
Quello che oggi si chiama corso Trieste, a dire il vero per la toponomastica cittadina si è chiamato così fino al 2014, fu inaugurato il 30 maggio 1851 e intitolato a Ferdinando II, il sovrano allora regnante. Nel novembre del 2014 il consiglio comunale votò il ripristino dell'odonimo originario Ferdinando II al posto di corso Trieste. Lo ricordano le cronache la gente no. Bene, secondo quanto recitava la lapide commemorativa, Vanvitelli avrebbe abitato, e sarebbe morto addirittura, in un palazzo che non c'era. "La bugia - continua Astarita - fu spudoratamente ribadita con un'altra lapide del 1973 dall'associazione casertana costruttori". Nessuno che si fosse fermato un attimo a fare una constatazione senza voler pensare ad una ricerca storica. Il tratto di strada dove insiste il palazzo detto 'delle 4 colonne'  "è stato inaugurato - commenta lo storico - nel 1836. Fu poi prolungato, così come appare oggi, negli anni successivi. Detto ciò, considerato in primo luogo il doveroso rispetto della verità storica nei confronti dei cittadini, dei cultori di storia e dei turisti ma anche in coerenza dell'ambizione reiterata di questa città di candidarsi a 'capitale della cultura', chiedo al sindaco e al soprintendente di attivarsi, per quanto di competenza, per porre fine a questo falso che costituisce onta non più giustificabile che ricade oltre che sulla città anche sugli enti, le istituzioni e le associaizoni che s'interessano di tutela del patrimonio culturale e storico". La verità sull'ubicazione della casa di Vanvitelli ce la dice proprio l'architetto che il 7 gennaio 1758 scriveva così al ratello Urbano: "Confina con la mia abitazione un oratorio di confraternita. Vi sono due messe le feste e una il giorno di lavoro. Qua ci vorrei fare un finestrino per sentircela ogni giorno, et a me, che sono incomodato dei piedi, molto farebbe comodo. Onde non so se ci occorre licenza da Roma (il fratello di Vanvitelli era un prelato, ndr). Io avevo il comodo al Boschetto nella Cappelletta fin per le feste di precetto; questo comodo ora mi manca e puotrei averlo aprendo un finestrino. Se vi occorre permissione di Roma procurate averla; se diversamente datemi istruzioni opportune acciò ne faccia pratica. L'oratorio si chiama la Croce di Sant'Elena, stroppiato il nome in Santella (ancora oggi quella zona è chiamata la Santella, ndr), ove tutto il quartiere vicino viene a sentirvi la messa. questo oratorio, come le altre prossime case e la mia abitazione ancora, dovranno essere demolite sicché il privilegio sarebbe a tempo corto e per la mia persona e famiglia tantum, senza che mai il padrone diretto della casa vi debba privilegio alcuno". Più volte Vanvitelli ritorna col fratello sulla questione dell'autorizzazione che arriva, finalmente il 7 marzo di quell'anno: "Ho ricevuto il memoriale rescritto per l'apertura della finestra; ora procurerà di farlo mettere in esecuzione, mentre per me è un comodo, sopra modo necessario". E' tempo che di tutto ciò, conclude lo storico, anche le istituzioni ne prendano atto.

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Fede e bellezza dal Beato Pio IX a Papa Francesco, sabato 7 aprile il convegno organizzato da 'Tota Pulchra' a Gaeta



GAETA - Si terrà sabato 7 aprile a Gaeta l'incontro, organizzato dall'associazione 'Tota Pulchra' su 'Fede e Bellezza' (dal Beato Pio IX a Papa Francesco). L'appuntamento, voluto fortemente dal sodalizio romano che celebra l'arte in quanto manifestazione del divino nelle abilità pratiche umane, si svolge in collaborazione con l'assessorato alla Cultura del comune di Gaeta e sarà ospitato nel palazzo della Cultura di via Annunziata sede della scuola superiore di tecnologia per il mare 'Its - Fondazione Giovanni Caboto'. L'evento, patrocinato anche dall'Arcidiocesi di Gaeta, dalla Real Casa di Borbone delle Due Sicilie, dal S.M.O.C. di San Giorgio, e dall'Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie. Ad intervenire saranno, dopo il sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano, anche Monsignor Jean Marie Gervais, Valerio Monda e Luca Di Laudo. Nel corso della manifestazione sarà presentato, in omaggio al Papa Ratzinger, il libro "Benedetto XVI. L'arte è una porta verso l'Infinito" a cura di Mons. Gervais e Alessandro Notarnicola. 


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